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Il fruscio dell'erba selvaggia
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Il fruscio dell'erba selvaggia - Giuseppe Munforte - copertina
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fruscio dell'erba selvaggia

Descrizione


Con una scrittura capace di farsi concitata nei momenti di tensione, e lirica e poetica in quellidi introspezione psicologica, Il fruscio dell’erba selvaggia mostra una galleria di personaggi indimenticabili – le ambigue figure dello zio e del frate e quella del giovane segnato da undestino inaggirabile di violenza ed emarginazione – in cui la vita si offre nell’assoluta contingenza delle scelte e nell’irrisolvibilità del suo mistero.

«Munforte non ha smesso di plasmare una materia di incandescente pregnanza esistenziale, di cui è conferma adesso Il fruscio dell'erba selvaggia» - Massimo Raffaelli, Il Venerdì

«Ha una prosa levigata fino alla trasparenza, Munforte. E dietro il suo descrivere anche i gesti minimi, umili, quotidiani, c’è una strana commozione, trattenuta». - Paolo di Paolo

Romanzo dalla struttura inedita, composto da sequenze narrative che si intrecciano e risolvono, alla fine, in un quadro unitario, Il fruscio dell’erba selvaggia – il titolo viene da un verso di Evtushenko – tesse i destini di personaggi che, sullo sfondo di una Milano periferica, cupa e malinconica, vivono un’esistenza in cui innocenza e crimine, onore e vergogna, redenzione e autodistruzione si rovesciano continuamente, come guanti di cui è impossibile distinguere il diritto e il rovescio. Nella prima parte, intitolata Nero uno, il suicidio dell’amato zio – un uomo che, dopo aver abbandonato moglie e figli, viveva ai margini della legge nel quartiere della Bovisa degli anni Sessanta – turba al tal punto il narratore da spingerlo a indagare sulla sua vita. La scoperta di un insospettabile alter-ego dello zio lo segnerà profondamente, portandolo a una scelta decisiva per il suo futuro. La seconda parte, Nero due, è il fulcro del romanzo. La scena si sposta in un ospedale degli anni Novanta in cui un ragazzo fraternizza con un uomo che genera in lui curiosità e fascinazione. Questi gli racconta la sua vita prima di orfano cresciuto dai frati, poi di criminale; di lí a pochi mesi lo trascinerà in una vicenda nella quale il ragazzo, in nome dell’amicizia nata in corsia, metterà a rischio la propria vita. In Nero tre il romanzo giunge al suo epilogo, offrendo i tasselli esplicativi dell’intera narrazione. L’originale disposizione narrativa scelta da Munforte alimenta il forte senso di inquietudine che pervade questo romanzo che, al pari di un dipinto di Hopper, intreccia la solitudine umana alla metafisica del paesaggio.
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Dettagli

2018
22 novembre 2018
272 p., Brossura
9788854516090

Conosci l'autore

Giuseppe Munforte

1962, Milano

Milanese classe '62, ha vinto nel 1996 il premio Assisi per l’inedito con il romanzo Meridiano, pubblicato nel 1998 da Castelvecchi. Nel 2008 ha pubblicato il romanzo La prima regola di Clay con Mondadori e nel 2011 Cantico della galera con Italic-Pequod. Suoi racconti sono stati pubblicati da diverse riviste letterarie, ultima delle quali Achab, uscita con il primo numero a gennaio 2013. Per Gaffi ha pubblicato nel 2014 Nella casa di vetro, candidato al premio Strega grazie alla presentazione di Arnaldo Colasanti e Massimo Raffaeli. Nel 2018 esce Il fruscio dell'erba selvaggia (Neri Pozza).

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