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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2021
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Bussi non mi avrebbe delusa! Era ciò che pensavo mentre stavo scegliendo il prossimo libro da leggere, e così è stato. Un bel romanzo dove, anche in questo caso, la trama avvincente si srotola su piani temporali diversi e distanti tra loro ventisette anni, ma dopo “Ninfee Nere” e “Mai Dimenticare” mi aspettavo che la vicenda surreale in cui è coinvolta la protagonista si risolvesse con un geniale coup de théâtre. Questo non avviene e forse ne sono un po’ delusa. Ma si sa… la delusione è sempre figlia delle aspettative e io ne avevo troppe. In ogni caso il libro è davvero bello e merita di essere letto e poi, è lo stesso autore ad avvisarci più o meno a metà che: “La sua intera vita era soltanto una mascherata. Nei romanzi che hanno il coraggio di inventare storie surreali come la sua, man mano che si procede nella lettura si scopre che la protagonista è pazza, schizofrenica, soffre di uno sdoppiamento della personalità, e che si è spedita da sola le lettere che riceve, le ha inventate lei, le ha scritte lei...” Già, perché dopo il coraggio di inventare storie surreali ci vuole anche la maestria di risolverle in un modo che non sia banale e senza prendere in giro il lettore. E Bussi è maestro. Messe quindi da parte le aspettative, la storia si legge tutta d’un fiato, i personaggi, ben caratterizzati, li ami e li segui su quei sentieri di boschi impervi che si inerpicano a strapiombo sul mare con quel senso di vertigine che solo la Corsica sa regalarti. Sarà perché ho visto quei luoghi, ho provato l’emozione di un tramonto a Calvi e l’ebrezza di veder passare i delfini davanti alla prua della barca, ma l’aspetto che ho apprezzato di più è proprio la descrizione di quel territorio, selvaggio e inaccessibile in cui si svolgono le vicende della famiglia Idrissi. In “Tempo Assassino” la vera protagonista è l’Isola con la sua bellezza struggente, le contraddizioni, gli anacronismi e le sue velleità indipendentiste. Con il suo essere a metà tra la Francia e l’Italia senza essere mai appartenuta a nessuna delle due, ma solo ed esclusivamente alla sua gente. Un luogo dove manca un potere forte centrale, un’autorità che garantisca una giustizia che non si tramuti in vendetta. LA FRASE: “La vita era tutta lì, pensò: nel godersi la bellezza del mondo, la sua armonia, la sua poesia. Nel contemplarlo prima che tutto scompaia. In fondo non si muore, si diventa ciechi. Si capisce che è finita quando tutte le meraviglie intorno a noi si spengono.”
Michel Bussi si conferma autore abilissimo a portare il lettore a spasso nel tempo. La vicenda si dipana in uno spazio temporale molto dilatato, ma nel finale (quando la nebbia che avvolge di mistero fatti e protagonisti viene spazzata via) i frammenti della storia si ricompongono. Le traversie umane, che fanno da sfondo agli eventi tragici narrati nell'opera, riescono a far passare in secondo piano la gravità delle azioni compiute dai personaggi principali. Molto suggestive le descrizioni naturalistiche della terra corsa, nella quale è ambientata la storia.
Anche se andare avanti ed indietro nel tempo non mi piace, per questo libro è indispensabile. Altrimenti la trama sarebbe inconsistente. La vicenda è complessa e va seguita con molta attenzione per apprezzare in pieno la completa spiegazione che viene fornita al termine del libro, come in tutti i gialli che si rispettino. Indizi sono disseminati qua e là, ma ci vuole un vero Sherlock per individuarli. Io non ci sono riuscito, ma li ho riconosciuti quando i misteri sono stati svelati. Unica nota: questo libro, pur bello, è costruito in modo simile all'altro dello stesso autore "Ninfee nere". Non vorrei che anche un terzo libro di Bussi ricalcasse questa impostazione.
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