Puerto Escondido

C’è un momento nella routine di tutti i giorni, che accade un qualcosa, un incontro, un evento che cambia tutto. Non mi riferisco a questo evento in senso positivo o negativo ma, ad uno stravolgimento dello status quo. Ad un qualcosa che ti fa dire:” ma deve capitare tutto insieme?!”. E’ questo l’inizio di Puerto Escondido, uno sparo, uno scrollarsi di dosso uno strato di pelle che sa di stantio. Uno svegliarsi da una anestesia. E da lì, volente o nolente, inizia un nuovo viaggio. Un viaggio che da principio sembra brutto, doloroso, che ti fa chiedere “ma perché?”. Che ti fa credere che il destino ti si accanisca contro, ma poi, proprio come in un destarsi, si comincia a diradare la nebbia, cresce la consapevolezza che sei cambiato. Comincia a germogliare il seme del cambiamento, che avevi già dentro, ma che aveva bisogno di essere annaffiato. E quando poi ti rendi conto, che fino a quel momento hai fluttuato in un oblio di mancata crescita, ti rendi conto che è arrivato il momento delle decisioni, che devi vivere sul filo del rasoio, che i tentennamenti, che il tempo delle procrastinazioni, sono come una ruggine che ti devi scrostare di dosso. Inizia un viaggio per il protagonista, un bolognese senza nome nel quale tutti ci possiamo riconoscere, varie tappe che sono come tasselli di un puzzle, che servono a delineare il nuovo te stesso, fino all’ultima tappa il Messico. Il Messico, cambia la vita dei protagonisti che, una volta arrivati nel paese dove “il sole brucia i capelli e fa colare il cervello dal naso”, non saranno mai più gli stessi di prima. Un libro bello, coinvolgente, che tratta temi importanti ma che non risulta mai amaro di un elemento importante, l’ironia. Viva Mexico!