È il primo libro che leggo dell’autrice , ma ho fatto fatica a leggerlo e a terminarne la lettura . Interessanti le tematiche affrontate: la pazzia e la maternità intrecciate nella storia familiare della scrittrice. Peccato che il risultato non sia soddisfacente, il percorso narrato si dipana come un giallo mal riuscito e inconcludente.
Quello che so di te
«Ed è questa la bellezza del romanzo, un prisma che gira e nel quale chi vi viene riflesso sussume un po' della follia del mondo.» iO Donna - Romana Petri «"Quello che so di te" ci mostra che non sappiamo mai niente, di noi stessi, degli altri, dei nostri sogni o incubi.» Il Foglio - Sandra Petrignani «La prosa possiede qualcosa di eccitato, una tensione sottile: una scossa elettrica percorre l'intero racconto.» La Repubblica - Marco Belpoliti «Questo è un «romanzo di vita» affidato a una scrittura che si trova spesso a incrociare la variazione riflessiva su aspetti medici legati alla follia con la corposa fisicità propria dell'universo materno.» la Lettura - Ermanno Paccagnini «Una storia di silenzi e di mistero. Una ricerca ostinata. E una scrittrice che usa l'autobiografia per sabotare la verità.» L'Espresso - Lisa Ginzburg e Sabina Minardi «Un'indagine tra costellazioni famigliari, dove la verità è impossibile da trovare ma doverosa da cercare.» La Stampa - Simonetta Sciandivasci «Nadia Terranova con una intenzione limpida, una ossessione studiosa, un italiano potente ed evocativo, trasforma lo stigma della pazzia che da Venera scende fino alla bambina in una macchia sul viso.» D-La Repubblica - Chiara Valerio «Una storia privata che parla di salute mentale e patriarcato, intrecciando costellazioni famigliari e interrogativi sulla maternità.» il Venerdì di Repubblica - Zita Dazzi «Ogni cosa qui obbedisce alla tirannia dell'io che vuole sapere, vuole capire e non si dà pace finché non ha sgombrato il campo di tutti i macigni del passato, che gli impediscono di vivere la libertà.» Il Messaggero - Marina Valensise C’è una donna in questa storia che, di fronte alla figlia appena nata, ha una sola certezza: da ora non potrà mai più permettersi di impazzire. La follia nella sua famiglia non è solo un pensiero astratto ma ha un nome, e quel nome è Venera. Una bisnonna che ha sempre avuto un posto speciale nei suoi sogni. Ma chi era Venera? Qual è stato l’evento che l’ha portata a varcare la soglia del Mandalari, il manicomio di Messina, in un giorno di marzo? Per scoprirlo, è fondamentale interrogare la Mitologia Familiare, che però forse mente, forse sbaglia, trasfigura ogni episodio con dettagli inattendibili. Questa non è solo una storia di donne, ma anche di uomini. Di padri che hanno spalle larghe e braccia lunghe, buone per lanciare granate in guerra. Di padri che possono spaventarsi, fuggire, perdersi. Per raccontare le donne e gli uomini di questa famiglia, le loro cadute e il loro ostinato coraggio, non resta altro che accettare la sfida: non basta sognare il passato, bisogna andarselo a prendere. Ritornare a Messina, ritornare fra le mura dove Venera è stata internata e cercare un varco fra le memorie (o le bugie?) tramandate, fra l’invenzione e la realtà, fra i responsi della psichiatria e quelli dei racconti familiari. Nadia Terranova ci consegna con queste pagine il suo romanzo più personale e più intenso, che ci interroga sul potere della memoria, individuale e collettiva, e sulla nostra capacità di attraversarla per immaginare chi siamo.
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Maria 06 luglio 2025Pesante e deludente
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Nik82 06 luglio 2025Lotta contro la Mitologia Famigliare
28/2025 Finalista del Premio Strega 2025, l'autrice ricostruisce la storia della bisnonna che decide di ribattezzare Venera. La donna secondo le storie della famiglia è stata ricoverata nel manicomio di Messina in un tempo indefinito e per un tempo indefinito, mai una data precisa ma forse un anno, il 1929. Dopo il recupero della cartella clinica della bisnonna si ricostruisce man mano la storia di Venera, smentendo le voci familiare e ridando nuova luce ad una vita, facendola intrecciare a quella della scrittrice. In alcuni passaggi ho ritrovato la scrittura della Lattanzi e di altre autrici italiane, non il genere di scrittura che mi entusiasma ma assolutamente eccellente.
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Roberta 01 luglio 2025Lettura lenta e forzata
Altissime aspettative per questo romanzo pluricelebrato ma che mi ha personalmente delusa. La scrittura è forzata e risulta, perciò, lenta e noiosa. Le intenzioni sono lodevoli, così come i numerosi temi sfiorati, ma mai del tutto sviscerati (forse, appunto, perchè troppi e troppo arditi). Nel complesso il mio voto è di 3/5
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