Recita dell'identità e destini della restanza

L’essere umano anela all’identità, all’insostituibilità. Oppure si ritiene unico, incomparabile. Ma l’identità cui aspira o che intende come fondamento di se stesso si scopre comporsi di un insieme polveroso e una deriva di narrazioni, un intreccio inestricabile di recite e favole sulla propria destinazione. Tra gli innumerevoli racconti che l’uomo delinea su di sé o che si lascia raccontare v’è quello che ne segna a fondo le peripezie e appare tracciarne l’intera cultura: il suo sapersi mortale, caduco, esposto a irriducibile finitezza. Per ovviare al rischio di insensatezza celato in tale racconto, minaccioso per il senso della sua esistenza, per la consistenza del suo ruolo nel mondo, inizia a tessere molte altre storie, a riprova della possibile sopravvivenza di resti durevoli che oltrepassino i limiti assegnati, tutti i vincoli immaginati, che pur aprono alla ricchezza della civiltà umana. L’autore del libro cerca di venire in chiaro di tutta questa situazione, nella quale si può riconoscere la grandezza ma soprattutto la miseria umana, senza pretese di fantasticarne un qualsiasi esito.