La repubblica penale
La follia demiurgica dei legislatori che tende a disciplinare sempre più minuziosamente ogni comportamento degli individui ha ridotto il cittadino al rango di ospite di una casa di correzione, in cui ogni infrazione, anche colposa, delle regole si configura come crimine penalmente perseguibile. Ciò ha determinato, fra l'altro, un accrescimento smisurato del potere dei magistrati, oggi arbitri onnipotenti della vita dei cittadini, della politica, dell'economia. Tale processo di criminalizzazione della vita collettiva va avvitandosi su se stesso, assumendo connotati di autofagia: esso si avventa su quei medesimi organi del potere che lo hanno prodotto, e cioè sugli uomini di governo, sugli alti burocrati, sui grandi imprenditori, tradizionalmente coperti da immunità di fatto. Il ricorso massiccio al carcere – vera e propria abiezione contraria a ogni senso di umanità e antinomica alla rieducazione del condannato (con buona pace dell'art.27 della nostra Costituzione!) – accresce questa somiglianza della vita associata a un bagno penale. Di qui l'indilazionabile esigenza di concepire logiche sanzionatorie diverse, fondate non già sulla "Vendetta di Stato", degradante e nociva, che oggi l'ingranaggio penale persegue, ma, recuperando principi civilistici, sull'impulso di parte e su "pene utili" alle vittime.
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Anno edizione:1998
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