Questa raccolta di poesie è narrazione di vissuti collettivi, di echi personali, dello sguardo incessante del poeta volto a comprendere e interiorizzare, colmo di empatia e anche di ribellione, laddove la vita è tante volte umiliata e maltrattata. Vengono catturate tutte le facce possibili della realtà, sottoposte al vaglio della sensibilità, confrontate con il tempo che viviamo, con l’io individuale che spesso ne sente l’angustia, ma sa anche trovare un’illuminazione di speranza. Ricorda mani basse è una scrittura che, pur costantemente attenta al messaggio - a volte più esplicito e a volte finemente porto tra le righe - sa elevarsi nella forma, arrivando al lettore come armonia sapientemente congegnata, con ricchezza lessicale e sonora. Assolutamente da leggere per chi crede che nulla vada perduto nella parte oscura della memoria, ma, al contrario, tutto vada a costruire una trama di consapevolezza, un terreno da cui possa sgorgare sempre una qualche nuova sorgente, come un’epifania, un’idea aurorale capace di reggersi alla nostra condizione di finitezza.
Ricorda mani basse
«Perché il poeta guarda al cielo? Mi sovviene una poesia di Mario Luzi di cui riporto uno stralcio: […] E quando/chi soffre o langue spera, se anche spera, /che un soccorso s’annunci di lontano/ e in lui, un soffio basta a suscitarlo. In Ossa di luna, densa metafora in versi sciolti, il soffio è il dialogo, poco importa se con un singolo essere o con il mondo, che non può fare a meno di riflettersi in uno spazio più accogliente, coprente, conservativo. Cielo, meravigliosa coincidenza di libertà e sconfinamento, come a suo modo la poesia, che ripara l’uomo dal pericolo di sentirsi perduto nella linearità del tempo, pur con la necessità di mantenere i suoi fondamenti, talvolta nascosti alla stregua di organi “invisibili”. Le radici dell’artemisia (Assenzio maggiore, calzante rimando all’oblio inteso come protezione) sembrano rappresentare quei fondamenti, legami con gli eventi, capaci di nutrire consapevolezza e resistenza, dove Diego Bello dice sazio di vento, rido/ l'aratro che m'estirpa. La pianta è sazia di conoscenza, quel vento buono da cui trae forza per opporsi a elementi distruttivi, sia pure quando il respiro sembra rallentare, ridotto a un filamento, quando il mosaico del dolore si intreccia con quello della gioia, in singoli attimi, e lunghi una vita. Spesso l’oscurità viene appena scalfita da un’esile presenza di luce, ma quest’ultima può rivelarsi apertura e sorgività, se colta quale prezioso appiglio.»
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Anno edizione:2020
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In commercio dal:26 ottobre 2020
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