Solitamente considerato un romanzo minore di Silverberg, una curiosità per gli amanti di questo autore e poco altro. Si tratta invece un romanzo di una profondità inaspettata, una vera ucronia in cui la storia alternativa è uno specchio in cui osserviamo la nostra storia. I racconti sono tutti percorsi da un sottotesto, adombrato dalle date del calendario romano a.U.c., ma che in qualche modo per analogia o per contrasto rimandano alle nostre date significative. E così se Costantinopoli cade effettivamente nel 1453 (2206 a.U.c.) l'America viene scoperta intorno all'anno 1000 d.C. (finezza di Silverberg, che immagina che l'assenza delle religioni monoteiste, freno alle scoperte geografiche del medioevo, i vichinghi si rivolgessero a Roma per finanziare le loro esplorazioni nel nuovo continente). Straordinario il racconto ambientato nel 2543 a.U.c., in cui si coglie lo sguardo di un illuminista che si confronta con il rinascimento, ammirandone le conquiste ma indietreggiando di fronte all'orrore di un'epoca che esalta l'Uomo e al tempo stesso stermina i nativi americani come bestie. Un romanzo da leggere a scuola.
