La scienza della traduzione. Aspetti metodologici. La comunicazione traduttiva
Sono passati trent’anni dalla seconda, riveduta, edizione di Teória umeleckého prekladu e oltre venti dalla prematura morte di Anton Popovic (1933-1984). In questi decenni l’opera, che per riconoscimento unanime degli specialisti costituisce un pilastro della scienza della traduzione, ha conosciuto soltanto un’edizione in lingue diverse dallo slovacco, quella russa del 1980, che ne costituisce anche una sorta di “terza edizione”; infatti l’autore vi ha preso parte contribuendo sia all’aggiornamento sia a quella che oggi potremmo chiamare «localizzazione» del testo, una localizzazione sui generis che a volte ha più il sapore di una “delocalizzazione” dell’edizione slovacca che non quello di una sua “russificazione”. (Le parti aggiunte da Popovic in russo in questa occasione sono state integrate nella versione italiana.) Fatico a spiegarmi le cause di tale rumorosa assenza. È vero che, presumibilmente nel 1975 o 1976 (manca l’indicazione della data di pubblicazione), il Dipartimento di comunicazione letteraria della Facoltà di pedagogia di Nitra in collaborazione con il Department of Comparative Literature della University of Alberta ha pubblicato un Dictionary for the Analysis of Literary Translation tratto da alcune lezioni tenute da Popovic presso la citata università canadese, nonché dall’edizione slovacca del libro e da un altro volume, Problémy literárnej metakomunikácie-Teória metatextu, del 1975. L’opuscolo, che conta 37 pagine (vedi Glossario), riporta la versione anastatica di un dattiloscritto realizzato evidentemente con macchina da scrivere non slovacca e quindi con integrazioni a mano (per esempio, per gli accenti diacritici e acuti) in un inglese non sempre del tutto comprensibile, per tutto questo tempo ha costituito uno dei rari testi di Popovic in una lingua non slava. Ma – a parte che la tiratura deve essere stata irrisoria e la sua diffusione scarsissima – l’interpretazione del piccolo glossario a volte risulta difficoltosa, perché l’esposizione è in forma molto sintetica e contiene una dose a volte notevole di contenuto dato per scontato (per ironia della sorte, proprio nel decifrarlo ci s’imbatte nell’acutissimo problema dell’implicito culturale, questione chiave della scienza della traduzione, qui in una versione metalinguistica).
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