La poesia di Stefano Artuso è narrazione di un vuoto e ricerca di un pieno. Le sue parole sono sassi gettati in un pozzo. Dal fondo proviene un rumore, materia solida contro liquido: e questa è la poesia che pratica Artuso, fatta d'echi giunti e già scomparsi. Echi che parlano di una realtà quotidiana, ma anche di una mitologia personale e famigliare in cui entrano nomi altisonanti: ed ecco apparirci davanti Aquileia o Camelot, prosecuzione sonora (e vivente) di un momento che già appartiene al passato. C'è immediatezza, nelle sue poesie, e una certa vena di rabbia, quella di chi ancora non ha trovato ciò che cerca.
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Anno edizione:2018
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