La sinossi editoriale ci dice che la scrittura de Lo Scuru è ispirata “dal gotico americano di Faulkner e McCarthy“: a dire il vero i suoi imperscrutabili flussi di coscienza lo avvicinano più alla penna di William Faulkner che non allo stile asciutto di Cormac McCarthy. Un’immediatezza tipica invece dei fumetti, come quelli editi dalla casa editrice Tunué. Lo Scuru (2014) è stato il terzo romanzo di vulcanico esordiente per la nuova collana Romanzi della casa editrice, quando ha voluto aprirsi al mondo della narrativa, e diretta dal giornalista Vanni Santoni. Il prologo è spiazzante. Facciamo la conoscenza di Razziddu Buscemi, avvocato in pensione e vedovo. Il suo nome così carico di significato stona nello scenario tutto americano del West Virginia. Per questo le prime due pagine ci prendono subito. Razziddu è a un passo dalla morte e perciò rievoca il suo passato siciliano. Parte il romanzo, e tutto cambia. Pure la lingua. Il dialetto si confonde con l’italiano, senza che ci sia un corsivo a richiamarlo, ma non è tanto questo a rendere la lettura così sfidante. Contribuisce invece lo stile ampolloso delle metafore, il sovraccarico di aggettivi e gerundi, il lento maturare della significazione attraverso periodi lunghissimi, sia in fase descrittiva sia nel dialogato. E infatti i personaggi sono fuori dalla realtà, perché anche quando si esprimono in dialetto, non lo farebbero con la naturalezza di un abitante di Butera, in provincia di Caltanissetta (dove il romanzo è ambientato), o di un qualsiasi altro paesino siciliano. Orazio Labbate è di Butera, come Razziddu. Autore giovane eppure capace di caricare di morte un mondo cupo all’inverosimile. Razziddu è figlio di uno scafista scomparso in circostanze misteriose. La mamma e la nonna Concetta, figura titanica come è giusto che lo siano tutte le nonne siciliane, ma questa più somigliante a un Moloch, lo sottopongono a continui esorcismi. La litania di Razziddu genera intorno a lui ulteriori personaggi mortuari: dai due inquietanti parroci al mago Nitto Petralia, il complice Zù Guglielmo e soprattutto colei che gli cambierà la vita con l’amore, la buia Rosa...
Lo scuru
Lo Scuru, pubblicato dieci anni fa come esordio narrativo, si candida così a fondare il genere narrativo del gotico siciliano, che attinge al southern gothic di Faulkner e McCarthy quanto alla prosa di Bufalino e D'Arrigo, contaminati dal cinema americano di Robert Eggers.
Milton, West Virginia. L'avvocato Razziddu Buscemi, giunto alla fine dei suoi giorni, ricorda la propria infanzia vissuta nel profondo sud della Sicilia, a Butera. Nel disfacimento dei ricordi, mischiati a suggestioni metafisiche, la sua voce evoca un'infanzia visionaria, segnata da esorcismi e magie, e narra un'evoluzione violenta e dolorosa verso la maturità. Al cuore di tutto, il combattimento metafisico con una statua della Passione trasportata dai fedeli durante la Settimana Santa: il Signore dei Puci, una sorta di Cristo incatenato, forgia per sempre il suo spirito. Ma Razziddu non è solo, intorno a lui si muovono personaggi potenti come Nitto Petralia, il guardiano del faro di Licata, suo padre putativo, e Rosa Martorana, forse unica figura salvifica. Orazio Labbate racconta di aver concepito l'intuizione originaria di questo romanzo nel cuore della notte, al centro di una strada provinciale che taglia l'isola come la Route 66: “sovvertire l'immagine radiosa di una Sicilia zuccherina, meramente folclorica o vulcanica” attraverso la potente “qualità onomatopeica” di una lingua che attinge al dialetto.
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Anno edizione:2024
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Libri Senza Gloria Blog Pop Nerd 02 gennaio 2019
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