Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi
Nel 1880 Antonio Ranieri pubblicò Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, rompendo dopo mezzo secolo «il più religioso silenzio» in polemica con scritti fra i più «indiscreti» e «infausti» che cercavano di sminuire il suo «apostolato» e «l’ineffabile olocausto» di sua sorella Paolina al servizio del poeta. Ranieri, allora settantaquattrenne, aveva l’apparenza di un personaggio quanto mai rispettabile: avvocato, deputato, possidente, socio di importanti accademie, con l’aureola di esule e di perseguitato politico. Nato a Napoli nel 1806, aveva lasciato a vent’anni la sua città, costretto all’esilio dalla tirannia borbonica, come asseriva, in realtà liberamente e con l’autorizzazione paterna. Nel 1827 incontrò per la prima volta Leopardi e nel 1830 cominciò il sodalizio, che si concluse con la morte del poeta, nel 1837. Il racconto di quegli anni è in parte una interminabile litania dei «più grandi sacrifizii» che «due mortali possano fare per un altro». Leopardi è lodato in modo generico mentre abbondano le notizie sui suoi «gravi ed irreparabili disordini fisici e morali», dei «più incredibili eccessi» in materia di dolci e di gelati, «l’inesplicabile desiderio di andar fuori da solo» e l’orribile sporcizia. Nonostante i molti «falsi» e l’abitudine di non riferire nemmeno una frase del poeta, la presenza di Leopardi finisce per ammantare di prestigio l’operetta, una delle rare memorie italiane, così preziosa in una letteratura avara di buoni biografi. Con un'introduzione di Giulio Cattaneo e uno scritto di Alberto Arbasino.
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Anno edizione:2025
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