Il sogno all'opera. Racconti onirici e testi melodrammatici
"Il sogno all'opera" indaga le relazioni che legano il melodramma e il sogno. Come il sogno, il melodramma esteriorizza i conflitti della psiche, celando nell'azione scenica desideri elementari e tabù. È così possibile seguire un parallelismo tra, da un lato, il contenuto latente e il contenuto manifesto del sogno e, dall'altro, il significato celato (desideri e tabù) e il significato evidente (le relazioni tra i personaggi) del melodramma. Questa traccia teoretica permette di analizzare storicamente, nella seconda parte del saggio, il sogno nel melodramma lungo quattro secoli, da "La finta pazza Licori" (1627) di Monteverdi a "Death in Venice" (1973) di Britten, in tutte le forme in cui è stato ingiunto ai personaggi di sognare o di raccontare i propri sogni, costringendoli a esporsi nel momento della loro massima privacy. A volte lo svelamento facilita allo spettatore la comprensione della storia, a volte ne rilancia la suspense ricapitolando l'azione e chiarendone i moventi, a volte è un preannuncio del futuro. Comunque è sempre il momento in cui allo spettatore il personaggio si mostra in tutto il suo spessore e in tutta la sua inaspettata autonomia, anche quando (o forse soprattutto) dal sogno traspare il non comprensibile, quello che Freud definiva l'ombelico in cui il sogno affonda nell'insondabile.
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Anno edizione:2010
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