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Anno edizione: 2012
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Conosciuto ed amato per la sua immensa Trilogia di Marsiglia, ho acquistato questo libro di Jean Claude Izzo su consiglio di una vecchia amica e devo dire di aver scoperto uno romanzo che non esito a definire il suo capolavoro. Ultimo libro scritto prima della sua prematura morte, Il sole dei morenti è uno struggente romanzo che esplora l’amore e la vita con dei personaggi indimenticabili che rimango impressi nel fondo dell’anima. Una lettura imprescindibile per conoscere ed apprezzare un autore che ci ha lasciato troppo presto.
Dedè, nomi dei personaggi in gran parte bisillabici, con l’innocenza dei bambini, come un canto, un gioco, un errore. Vecchi e nuovi traumi anche sociali come il ricordo degli orrori della guerra dei Balcani degli anni 90 negli occhi di alcuni protagonisti, una visione ultrapessimistica, vite distrutte, lavori incerti, mogli che li hanno abbandonati. Eppure tutti hanno un ultimo barlume di speranza, un loro vitalismo sfrenato alla Bukowski senza il suo cinismo, Celine senza l’abiezione, persone che cercano una qualche forma di solidarietà dei e fra gli ultimi, crudi, feriti, narrati con una scrittura, senza tanti fronzoli, intercalata da poesie, canzoni, struggimenti melodrammatici vari che alcune volte appaiono anche eccessivi. Ma la poesia di questo sole che cala su questi morenti eppur vivi affascina e commuove.
“Solo quando il mondo ti crolla addosso scopri l’orrore. Che nel mondo esiste l’orrore. Perché sei sbattuto in un’altra vita e incontri gente di cui non avevi nemmeno immaginato l’esistenza, ne il dolore…” Inizio con una citazione questa recensione. Il libro è ricco di passaggi su cui riflettere, esposti in ambiente crudo come impatto, ma poi forse più caldo delle nostre case. Si parla di persone, che una volta erano esseri umani viventi vite normali e agiate, e ora sono come immondizia. Senza tetto, vagabondi. Per colpa di errori o del destino. Ma soprattutto per colpa di quel senso di sconfitta che li prende, che non li abbandona più, che li vince. In un mondo dove la morte viene vista come una liberazione, ma nello stesso tempo si resta aggrappati alla vita senza saperne il motivo. Sopravvivenza, la chiamano. Con una rassegnazione che non si rassegna mai del tutto. E’ il viaggio rabbioso di Rico, attraverso realtà che non ci riesce di immaginare veramente. Come la miseria, che ci sfiora in quel che vediamo, ma finché non ci tocca mai comprenderemo. Scrittura scorrevole e diretta, come piace a me. Da leggere, meditando sul senso della nostra vita e delle nostre (s)fortune. Sly
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