Scrittura breve e scorrevole che con la sua semplicità è riuscita a far empatizzare con i cani anche uno come me che non ne ha mai avuti. Fin da subito, la narrazione in prima persona avvicina il lettore a quelli che sono veri e propri sentimenti, che vengono descritti dall'autrice con pregevoli digressioni sulla condizione della solitudine e del bisogno di affetti che accomuna i nostri amici a quattro zampe e noi umani. La scrittrice evita intelligentemente l'uso della sua piccola opera per stigmatizzare la pratica dell'abbandono - che risulterebbe superfluo - e si concentra sul narrare le diverse situazioni che i cani vivono, e spiegare come mai talvolta risultino inadeguati rispetto alle nostre aspettative o esigenze subentrate. Scelta curiosa quella di far capire ai cani il linguaggio degli umani, ma senza che quest'ultimi possano capire il loro Alcuni estratti di grande spessore. Ne riporto uno: "Sebbene chi mi guardava vedesse solo un cane che aveva sprecato la sua vita in un box, senza poter mai correre su una spiaggia o su un sentiero che portava alla cima di un monte, io sapevo che un senso la mia esistenza l’aveva avuto ed era stato quello di amare un umano degno di tale sentimento e devozione. Il tempo passato lì dentro altro non era stato che attesa, l’attesa di rivederlo un giorno e di non separarsi mai più per nulla al mondo."
