Sono cosciente che con questa affermazione mi attirerò le antipatie di gran parte degli italiani, che amano la lettura e (forse soprattutto – più facile, no?) la visione televisiva delle avventure del commissario Montalbano, ma a me la lettura dei gialli di Camilleri non entusiasma. Troppa fatica dover decifrare un linguaggio poco comprensibile per la lettura di un semplice giallo… rinuncio, grazie. Ma un raffinato amico siciliano mi ha incitata a non rinunciare alla lettura di un Camilleri diverso, orfano di Montalbano e ricco di diversa ispirazione: “Leggi la trilogia!” mi disse. Il Sonaglio è appunto il titolo che chiude la cosiddetta “Trilogia delle metamorfosi”, in cui Camilleri si dimostra uno scrittore sensibile e fantasioso. Finanche poetico, in diversi passaggi. È un vero piacere la lettura della favola amara di Giurlà, piccolo schiavo pastore che vive l’amore per la sua capra Beba vedendola donna e che si innamorerà in seguito di una donna vera, la giovane Anita. L’amore fra i due creerà una serie di difficoltà al nostro Giurlà e porterà la storia verso una svolta inaspettata. Il racconto nel complesso è estremamente gradevole e fa dimenticare la fatica della lettura, trasformando il linguaggio che Camilleri utilizza nell’unico col quale questa favola amara poteva essere scritta.
Il sonaglio
"L'adolescente Giurlà è un mandriano di capre. Proviene dalla costa. È un ottimo nuotatore, e ha rischiato di diventare un altro Cola Pesce. Ha sfiorato pure il pericolo della deportazione nelle terre calve: poteva diventare un caruso, un nuovo (pirandelliano) Ciàula negli antri infernali e nelle tenebre di una zolfara. Come guardiano di armenti, sugli altopiani, poteva toccargli in sorte il destino di solitudine di Jeli il pastore. Giurlà approda invece in una prateria. Si immerge e galleggia nell'erba, o nelle acque sciapide di un lago, ora. Sente l'allarme dei sensi. E cerca calore nel pelliccione di una capra, tra una musata e una sgroppata. La capra, Beba, è solitaria: ostinata e fedele; oltre che di permalosa gelosia. Sa battere gli zoccoli, al momento opportuno, e imporsi, dopo i lagni di un belare querulo e dolente. Beba è ferina e misteriosamente umana. Sa amare e farsi amare. Giurlà è un amante che non sopporta la distanza; e neppure l'attesa. La favola della capra-donna è di nuda tenerezza; assai diversa dalla cronaca della continuata violenza, che "armàli" più grossi dei becchi consumano intanto su una innocente "pupa" fatta di carne. Beba è diversamente innocente, pur nella sua selvaggia rustichezza". (Salvatore Silvano Nigro)
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Anno edizione:2009
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MARIO D'ANDREA 21 marzo 2009
E' sorprendente come Camilleri riesca a bilanciare la frequenza delle pubblicazioni con la qualità dei contenuti. "Il sonaglio" rappresenta una chiusura in straordiaria bellezza della trilogia sulle metamorfosi. Lucrezio affermò "semper aliquid novi" e Camilleri impasta abilmente senso di pietas, eros e destino. La chicca della strizzatina d'occhio ai suoi fedelissimi (il nome Beba, come la miglie di Mimì Augello nelle vicende di Montalbano) è una raffinatezza! Una prova di grande maturità ed il rammarico di terminare troppo presto la lettura!
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