Ecco un romanzo coraggioso, perché l’autrice mette in risalto dei temi molto delicati e spesso tenuti fuori dai riflettori perché scomodi. La depressione, la rielaborazione del lutto, il supporto psicologico, i traumi infantili fanno parte della vita di tutti o almeno di molti di noi. La costruzione della storia è accattivante: un viaggio in barca a vela per recuperare un matrimonio in crisi, il diario di bordo di Michael e il racconto duro e crudo nel presente fatto da Julieit, rannicchiata in questo armadio a muro che diventa l’unico rifugio sicuro. Un romanzo sugli abissi dei rapporti, sulle tempeste che possono arrivare in ogni momento della vita. Un racconto scritto divinamente, che rapisce il lettore durante i salti temporali. Due registri diversi, uno della speranza altro del dolore. Un racconto su più livelli, che da subito fa capire che dietro il malessere di Juliet c’è qualcosa di profondo. Il mare è un protagonista silenzioso, mutevole come è lo stato d’animo dei protagonisti che si sentono insoddisfatti ma nello stesso tempo uniti. Un matrimonio imperfetto e complicato ma profondamente reale. L’autrice riesce a descrivere la mutevolezza tipica dell’animo umano, che passa dalla gioia al dolore rapidamente un po’ come il mare, che da piatto e rilassante può trasformarsi in un “mostro” pericoloso. Un romanzo stratificato nella trama ma che percorre la vita e il ruolo di Juliet, che è madre, figlia, moglie. Una storia potente, che fa del dolore una spinta emotiva da cui sfuggire e rifuggire. Una carta nautica della sofferenza emotiva, in cui Juliet è una donna alla deriva ma nella sua casa borghese, chiusa in quell’armadio a muro mentre cerca di ritrovare se stessa.
