Astraea è intrappolata. Non solo nel maniero che la ospita, ma nella sua stessa mente, che sembra aver sigillato ogni traccia di un passato che grida per essere ascoltato. La sua è una prigione silenziosa, fatta di amnesie e domande. Eppure, non è una vittima: la sua determinazione la spinge oltre i confini del conosciuto, verso un mondo dilaniato da forze oscure e minacce concrete, ma anche verso una verità personale che fa paura, perché potrebbe riscrivere chi è davvero. L’incontro con Nyte accende subito una tensione palpabile. Non è il classico "bad boy" del fantasy, è molto di più. Nyte è il simbolo del dubbio, della tentazione, della scelta tra ciò che desideriamo e ciò di cui abbiamo davvero bisogno. Il suo rapporto con Astraea è costruito con una lentezza ipnotica, un passo alla volta, tra sospetti, rivelazioni e una chimica che non si può ignorare. Fidarsi o non fidarsi? Questa è la domanda che aleggia costantemente tra loro, e Penarada la rende viva in ogni dialogo, in ogni gesto non detto. Per scoprire chi è, cosa vuole, e cosa è disposta a perdere per ottenere risposte dovrà partecipare al Libertatem, un torneo che non è solo una sfida, ma una scelta di identità. Il worldbuilding in questa parte del romanzo raggiunge il suo apice, con regni affascinanti, rappresentanti enigmatici e una tensione costante tra le alleanze e i tradimenti. Le stelle stanno morendo non è solo fantasy. È una riflessione sul ricordo, sull’identità, sull’autonomia. Chloe C. Penarada riesce a intrecciare l’azione con l’introspezione, portando il lettore in un turbine emotivo che sfida le regole del genere. Il dolore di Astraea è reale, così come lo è la sua voglia di vivere, di amare, di capire. E le stelle che stanno morendo non sono solo quelle del cielo: sono le speranze spezzate, i segreti dimenticati, i cuori che tentano di brillare nonostante tutto. Continua nel blog...
