Il protagonista si risveglia in una stanza d’albergo a Lisbona completamente stordito e sorpreso visto che la sera prima si era addormentato nella sua camera da letto ad Amsterdam. Non riesce a capire cosa sia successo ma ricorda di essere già stato in quella stanza d’albergo dove aveva avuto una relazione con una sua collega. In un flusso ininterrotto di pensieri e ricordi, il protagonista ricostruisce la sua vita e lentamente inizia a comprendere cosa sia successo: probabilmente è morto e sta rivivendo la sua esistenza prima di lasciare definitivamente questo mondo. Si ricostruisce la sua storia e la tresca tra lui, la sua amante, il marito e l’allieva. E’ la classica storia di passioni e tradimenti, farcita da citazioni dotte del protagonista, insegnante di filosofia, che è così coinvolto nel suo ruolo da essere chiamato “Socrate” dai suoi allievi. Ma non è solo un insegnante “Socrate”, è anche il redattore di guide turistiche di successo. E’ stato tante cose Mussert, ma sembra non essere stato in grado di vivere intensamente la sua vita reale così come ha interpretato con successo il suo ruolo di insegnante e redattore di guide. Alla fine inizierà un viaggio verso l’Oceano, come l’ultimo viaggio così tante volte rappresentato nell’antichità con alcuni compagni che gli racconteranno l’attimo della loro morte prima di scomparire nel nulla. E’ un libro molto particolare e molto bello e non si può non farsi coinvolgere da questo racconto ininterrotto di pensieri e ricordi e dove fino all’ultimo rimane il dubbio se tutto questo sia un sogno o il resoconto degli ultimi momenti di vita di Mussert. In primo piano emerge l’amore per le lettere e, in particolare, per il latino: lingua che Mussert considera viva e assolutamente ineguagliabile. Letteratura per comprendere l’uomo a cui si contrappone la conoscenza scientifica della sua amante, professoressa di scienze che invece pensa che solo tramite l’osservazione “clinica” dell’uomo si possa arrivare a capirlo. Questo libro così intenso mi ha fatto venir voglia di rileggere i classici latini, in particolare “Le metamorfosi” di Ovidio che è come una guida per Mussert.
La storia seguente
Una mattina Herman Mussert, grande erudito e amante di quella letteratura classica che ha insegnato per tutta la vita, si sveglia con sua sorpresa in una camera d'albergo a Lisbona, quando la sera prima si era addormentato nel suo letto ad Amsterdam. Come mai, cos'è accaduto, è realtà o sogno? È con questo allettante inizio che Nooteboom ci introduce in una di quelle storie che sono riferibili solo per metafore, perché si compiono in una dimensione in cui il tempo non esiste, in cui avviene il passaggio dalla vita alla morte, in quell'attimo che separa l'essere dal non essere. Metafore e miti che sono il pane quotidiano per quel professore di liceo che somiglia a Socrate, che ha per Bibbia "Le metamorfosi" di Ovidio. E forse non è un caso se si trova in quella stanza d'albergo: è da lì, dove vent'anni prima ha vissuto il suo unico amore, che deve cominciare il suo pellegrinaggio nei ricordi. E non è un caso se è da lì, da quella città che è "tutta un addio", che parte la nave del suo ultimo viaggio, per solcare le scure acque dell'oceano, verso l'aldilà. In un onirico sovrapporsi di storie, ricordi, immagini, da borgesiano "tessitore di simboli", Nooteboom ci ripropone miti che parlano di noi, si interroga sulle metamorfosi dell'io, sull'enigma del tempo, riesce a sospendere quell'impercettibile frazione di secondo che dura la morte, raccontando la vita.
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