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Anno edizione: 2019
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L'idea di 'mettersi alla finestra' per osservare e narrare il mondo ha i suoi illustri precedenti. Limitandomi a soli due esempi, mi vengono alla memoria Sartre (impietoso nel considerare gli uomini alla stregua di insetti da guardare dall'alto) e Perec (che in 'La vita, istruzioni per l'uso' osserva la vita scorrere nelle stanze di una ipotetica casa sventrata). Nel caso di Pecoraro, l'osservazione si fa analisi sociale, storica, architettonica. L'oggetto è un quartiere periferico di Roma, con le sue palazzine, il traffico caotico, le sirene continue e - ovviamente - il passaggio 'der purma d'a squadra' che porta allo stadio i gladiatori moderni, eroi bambini pieni di tatuaggi senza significato; tanto - appunto - è tutto falso: magliette false, borse false, falsa vipperia di plastica che si atteggia a modello per giovinotte/i dai capelli improbabili e dai muscoli gonfiati, educati ('bbelli loro!) dalla tv. Unici veri, veritieri, genuini, sono i vecchi, clienti stanziali 'der bare' (che se non vanno lì, 'ndo vanno?) quelli che si ricordano di quando il quartiere era la roccaforte della sinistra, di quando c'erano la sinistra e la destra e non questo gran minestrone insapore e informe che impuzza di sé tutta la mignotteria affaristica multietnica e multicialtrona; che poi è la cifra della 'Città di Dio' (quasi più cupole che tetti) ora decaduta a città morta, città della spazzatura, città delle buche e dell'abusivismo grande e piccolo. Ma già c'era tutto nei film di Risi, Fellini, Scola, Monicelli... (e Sorrentino da ultimo). Roma è sempre Roma, gnente gnente nun funziona gnente, ma i romani ce 'o sanno, è il prezzo da pagare per vivere nella capitale, nell'ex centro dell'impero che una volta dominava il mondo.
un libro estremamente interessante, che mi è piaciuto molto e che consiglio a tutti di leggere
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