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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2013
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Mi piacerebbe che questo libro fosse più conosciuto, perché i racconti contenuti sono bellissimi. Le storie si svolgono in Canada e sono piacevolmente contemporanee, l'autrice è una donna giovane. Sono racconti col buco come ciambelle, perché tutti si sviluppano attorno a un'assenza, che, paradossalmente, è solida, un nucleo di vetro trasparente o invece lattiginoso, a secondo che sia ben definita o invece più sfumata. L'elemento mancante è in genere un familiare e l'assenza è un abbandono. Quelli che restano, non so se sia moderna rassegnazione o british fair play, spesso si trovano a fantasticare su cosa starà facendo il fuggiasco/a: viaggiando in Europa? Indossando stivali alti? Lavorando come bibliotecaria? Non c'è odio o disperazione, quanto stupore, l'idea di una mancanza che non si riesce a riempire ma con la quale bisogna convivere, di una vita da portare avanti, limitando i danni. I racconti non sono allegri né tristi, mi hanno lasciato una bellissima sensazione di luce e di spazio, l'idea che le strade non sono necessariamente segnate e che c'è tempo e modo di scegliere una direzione. Colloco l'autrice fra Alice Munro e Andre Dubus, per il poco che lo conosco. Di Alice Munro c'è il Canada, la pacatezza dei toni che aumenta la lucidità della visione, lo splendore e l'immediatezza della prosa: non l'ascendenza scozzese e alcune ambientazioni rurali; le storie di Deborah Willis sono contemporanee, cittadine, con riferimenti a tradizioni askenazite. Di Andre Dubus, un'idea di luminosità che viene dalla fiducia nell'essere umano. Leggeteli, sono bellissimi.
Recensioni
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