«Tenui meditabor harundine». Tiritera su titiri, totare, tituelle, calamauli e cerauli.
Fin dall’antichità alcune parole designano degli strumenti a fiato minori e marginali, il cui tratto condiviso è che sono intesi come specialmente vicini alla natura, si ritiene appartengano a stadi primitivi dell’esistenza umana e sono usati da gente intesa essa pure come “primitiva” e “naturale”: bambini, pastori, cacciatori, incantatori di serpenti. Questi oggetti sono poco rappresentati nelle arti figurative; qui si sono individuati e collazionati i documenti esistenti, e li si è messi a confronto con le testimonianze archeologiche e con quelle etnografiche. Gli stessi strumenti sono menzionati nei componimenti poetici di Teocrito, Lucrezio, Virgilio, Ovidio; poi sono di nuovo elencati e descritti dagli studi organologici del XVII e del XVIII sec.; infine sono ancora in uso nelle tradizioni musicali di molti luoghi: di nuovo in mano a pastori, bambini, cacciatori, incantatori di serpenti, musicisti. La persistenza nel tempo di tipologie, forme, denominazioni degli aerofoni minori o marginali è il terreno su cui si è indagato il rapporto tra attualizzazione del mito e mitizzazione della realtà, quale viene articolandosi nella poesia, nella letteratura, nelle immagini.
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Anno edizione:2021
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