Penso sia inutile dilungarsi per questo libro. Normalmente non darei una valutazione ad un libro senza prima averlo finito ma questo libro, o meglio questo scrittore, fanno eccezione. Uno stile narrativo che merita di essere letto (fino a quando si può). In definitiva direi che si tratta di un romanzo un po' prolisso, ma un esperimento distopico davvero interessante e originale, e aggiungerei ben riuscito. Lo consiglio agli amanti del genere.
Per la traduzione di Terminus Radioso Anna D’Elia ha vinto il Premio Von Rezzori 2017, attribuito dalla giuria composta da Bruno Ventavoli, Ilide Carmignani e Susanna Basso
«Un libro stupefacente, complesso, denso, che unisce l’iconografia sovietica alle leggende sciamaniche e alla science fiction». - Libération
«Ma realtà e sogno nel libro sono equipollenti. È l'abilità dell'autore a permettere di addentrarsi in Terminus radioso come in un romanzo avventuroso e avvincente, mai opaco. Infatti, benché l'atmosfera sia onirica, riesce a renderla empirica». – Cinzia Fiori, La Lettura
«Terminus radioso fa del lettore una specie di Empedocle che sporgendosi oltre la bocca del cratere contempla il magma iridescente della narrazione fino a quando - ed è proprio ciò che deve avvenire - non finisce per sprofondare al suo interno.» - Giorgio Vasta, Venerdì di Repubblica
Steppa sconfinata. Bianco nitore d'inverno. E d'estate le erbe, mutanti, che ondeggiano accarezzate dal vento. Un mondo contaminato, reso invivibile dalle esplosioni di reattori nucleari impazziti, orgoglio di una Seconda Unione Sovietica sull'orlo dell'abisso. Unica eccezione a questo vuoto dominato dalla natura è Terminus radioso, un kolchoz dove la vita continua a scorrere intorno a una pila atomica sprofondata nel terreno. Laggiù Nonna Udgul, a cui le radiazioni hanno regalato una sorta di immortalità, gestisce le operazioni di smaltimento dei rifiuti radioattivi, e Soloviei, il presidente, guida con i suoi poteri sovrannaturali i pochi superstiti in un'atmosfera di sogno che ha i contorni dell'incubo. E poi passano i secoli, i superstiti si disperdono, il viaggio del treno che correva lungo i binari alla ricerca di un campo di lavoro si è concluso chissà quanti anni prima. Finché un giorno migliaia di corvi si alzano in volo. E poi tutto continua, ancora, nella realtà parallela del Bardo, dentro una trappola di Soloviei, in una fine infinita, ma che importa. In questo universo - singolare, visionario, violento - tempo e spazio sono dimensioni liquide dove vivi, morti e simil tali vagano in un immenso, eterno futuro. Un universo allucinato, percorso dall'umorismo del disastro. L'universo di Antoine Volodine.
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Anno edizione:2016
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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andrea ferri 28 novembre 2017
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Tra sogno e realtà, sempre ad un passo dall'incubo (una pila atomica che vuole solo essere costantemente saziata). Strani e desolati personaggi si aggiro in una Seconda Unione Sovietica collassata, venga essa rappresentata dall'immensa taiga o dai kolchoz spettrali. A tratti si rischia di perdersi (o è solo che si Viaggia), ma la scrittura di Volodine, efficace e visionaria, è una guida perfetta.
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