Traduzione e transfert nel XVIII secolo. Tra Francia, Italia e Germania
Il radicale cambiamento nel modo di considerare la traduzione è il portato forse più prezioso delle ricerche nell'ottica del transfert culturale. Inaugurato da Michel Espagne, che in Italia apre con il suo contributo metodologicamente innovativo il volume su Traduzioni e traduttori del Neoclassicismo (FrancoAngeli 2010), questo tipo di ricerche intende la traduzione come passaggio da un codice a un altro, come momento di reinterpretazione in un contesto diverso da quello di partenza, mettendo a fuoco una specificità di esiti, di implicazioni e di prospettive ignorata da chi si limitava a censurare "errori di comprensione" dei traduttori (M. Espagne, 2010). Indagare il complesso gioco di decontestualizzazione e ricontestualizzazione che il tradurre comporta - come ha mostrato assai bene Peter Burke in Cultural Translation in Early Modern Europe - si configura così, in linea generale, come modalità privilegiata per identificare le differenze tra le culture. Essa attribuisce pari legittimità alla traduzione e al modello di partenza costituendo così l'alternativa più efficace e feconda al vecchio approccio comparatistico su base nazionale, dove l'argomentazione avveniva in termini di "influssi", segnatamente dell'"influsso" di una cultura dominante (nazionale) su un'altra.
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Anno edizione:2014
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