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Anno edizione: 2020
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Tropicario italiano è l’esercizio di un’intelligenza che misura lo stacco tra mondo e catalogo, tra i luoghi e il loro marketing: turismo egosostenibile, con un occhio al Novecento «viaggiato» da grandi scrittori italiani – Moravia, Pasolini, Soldati, Manganelli – e l’altro alla fotocamera dell’iPhone.
Esistono ancora i viaggi? Nell’epoca dei voli low cost e del muoversi a tutti i costi un romanziere e intellettuale pentito ci racconta sostanze e accidenti del turismo contemporaneo, squadernato davanti ai suoi occhi come una specie di tragicommedia. I luoghi sono quelli, favolosi (stando ai cataloghi), di un’estate infinita che parla la lingua automatica e un po’ ottusa di spiagge ovunque bianchissime e acque implacabilmente turchesi. A passeggio per un giardino botanico dell’Île Maurice o inseguito da una muta di feroci randagi a Bora Bora, avvolto dal cinismo analfabeta dell’upper class italiana in trasferta alle Maldive o sprofondato nella calura isterica di Dubai, bagnato dalle acque mitologiche di Surfers Paradise o alla ricerca di un peluche smarrito in mezzo a un branco di gnu in Tanzania, Patriarca non perde mai il focus del suo sguardo: turismo come distopia, necessità di un trauma.«Se chiedi la posizione al Gps o a Google Earth scopri di occupare grosso modo il centro di una grandiosa cupola d’acqua, un’immane semisfera equorea, una roba che è un terzo del mondo. Ma questa suprema vastità non fa che sottolineare la tua presenza. Ti prende una gioia un po’ isterica, sottesa da un barlume di minaccia, un ribollire da azzardo infantile, perché il Pacifico è uno dei pochi Colossi dell’Universo – forse l’unico – che ti sarà dato incontrare faccia a faccia, e la quiete delle acque costiere spruzzate di sentori rubiacei non smette di raccontarti l’eventualità dell’Annullamento. Lo capisci: non c’è, probabilmente, un popolo come quello polinesiano, confinato in luoghi così raccolti ma con tale ampiezza di orizzonte a portata di mano. Ti corre istintivo un obbligo di fraternità»
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