Non certo tra i migliori racconti di questo autore. I troppi passaggi in dialetto barbaricino, credo incomprensibili ai più, ne fanno perdere la visione d’insieme.
L'ultimo inverno
Alle sponde del fiume Tapiceddu la vita scorre lenta. Da mesi ormai non piove e le giornate degli abitanti di Pirocha si alternano immutate fra i bollori di un caldo imbalsamante. Tutto si arresta: cerimonie, spettacoli, amori, tradimenti, sono solo ricordi sbiaditi. Un giorno, le preghiere rivolte a un Dio inclemente o forse distratto, si rivelano fruttuose. Ma l'inquietante messaggio di un colombaccio è presagio di nuovi subbugli.
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Autore:
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Editore:
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Collana:
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Anno edizione:2008
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Julie 09 giugno 2023Difficoltà di comprensione
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Maristella Copula 25 ottobre 2008
“ La fiamma grigia della morte è già dentro la vita….” A Pirocha, nell’isola di Degnasàr, così come in tutto il mondo, una grande siccità inesorabilmente brucia la natura e consuma ogni passione negli animi umani. Improvvisamente arriva una pioggia risanatrice che sembra far rifermentare gli ardori e rifiorire una vitalità che si era staticizzata in un’agonia che appariva infinita. Ma la Terra e i suoi abitanti devono essere purificati dal Male e la Natura o Dio stesso trasformano quell’acqua, inizialmente provvidenziale, in un vero e proprio diluvio la cui azione devastante e incontrastabile tutto e tutti distruggerà. Solo cinque donne, ognuna con la propria storia sulle spalle, avvertite dalla visitazione del colombaccio messaggero, saranno le prescelte che usciranno indenni da quella terribile Apocalisse. Trovato rifugio nell’antico monastero di Taladdari, arroccato su un’impervia montagna, esse si nutriranno della speranza di una rinnovata primavera e vedranno crescere l’angoscia e l’inquietudine della fine della specie. Nell’unico uomo esistente, riportato in vita dalla fangosa terra liquefatta dall’acqua, riporranno la loro fede nel concepimento di un “salvatore del mondo”. Criccheddu, ultimo Adamo, rozzo bandito abbandonato da piccolo e svezzato dalle capre, che imparò prima a belare che a parlare, alla perpetua ricerca della propria madre e della propria identità, sarà in grado di mutare con il suo seme il destino degli uomini? O la Terra continuerà a dirigersi crudelmente verso il grande freddo del suo ultimo inverno? Una storia aspra, crudelmente viscerale, incatenata ad una natura vestita di violenza e di forti contrasti, una storia che non regala neanche uno spicchio di futura prospettiva dove la morte, dopo aver attraversato quella sorta di brodo primordiale, prende il sopravvento lasciando cadere intorno a sé i salvifici brandelli di una creazione, di una annunciazione e di una resurrezione inutili e che con ateistica visione condurranno alla vittoria del Male incastonandola in un estremo ed eterno gelo.
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