L'Undecimo Comandamento
Leviamoci il cappello, signori lettori, perchè siamo in casa del sottoprefetto di Castelnuovo. I Castelnuovi sono molti, sulla faccia della terra, e voi forse aspetterete che io vi dica in quale dei tanti vi abbia condotti. Ma io, con vostra licenza, non lo farò, per ragioni di alta convenienza ed anche di sicurezza personale. Il sottoprefetto del mio Castelnuovo sarebbe capace di aversela a male e di farmi arrestare come ozioso e vagabondo, la prima volta che mi saltasse il ticchio di visitare il suo circondario. Ora, siccome io ci ho proprio un gran desiderio di tornare laggiù e di non esser molestato nelle mie corse sconclusionate, voi consentirete, spero, che in questo particolare io mi tenga prudentemente a mezz'aria. Per le necessità della storia, vi basti di sapere che si dice Castelnuovo in opposizione di Castelvecchio. Castelvecchio, ancora due anni fa, quando io ci sono stato, era una rovina sulla vetta del monte Acuto; il qual monte è uno dei soliti contrafforti dell'Appennino, che ricorrono così spesso nella orografia dei romanzieri. Castelnuovo è una cittadina fabbricata più in basso, tra il poggio dei Gemmi e la riva destra del Bedonia, un torrente in cui gli eruditi hanno trovato due radici celtiche, e le lavandaie di Castelnuovo cercano ancora due once d'acqua per otto mesi dell'anno. Castelnuovo, come vi dice il nome, doveva averci il suo castello anche lui. Ma il forte arnese era sparito sotto un intonaco più moderno; le feritoie erano diventate finestre, e la gran mole bucherellata, imbiancata, rimessa a nuovo, accoglieva nel suo grembo quasi tutti gli uffici e le rispettive abitazioni dei rappresentanti del governo. C'era, ad esempio, la sottoprefettura, c'era la pretura, il ricevitore del registro, il conservatore delle ipoteche, e non ci mancavano i reali carabinieri, comandati dalla perla dei marescialli. Il verificatore dei pesi e misure abitava più lungi, e così pure il ricevitore delle dogane, con altri ufficiali, i cui nomi non vogliono venirmi alla penna. Lo spazio tiranno vietava l'accentramento della gran famiglia governativa di Castelnuovo. Si diceva anzi che ben presto dovesse andar fuori del palazzo demaniale il ricevitore del registro; un po' perchè ci stava a disagio lui, che aveva mezza dozzina di marmocchi, debitamente registrati, un po' perchè teneva a disagio il sottoprefetto, quantunque la famiglia di quest'ultimo constasse di due sole persone; marito e moglie, sottoprefetto e sottoprefettessa
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