In questo intervento Umberto Galimberti smonta il tema della tecnica intesa come mezzo, per sostenere l’idea che essa, nella nostra epoca, rappresenti un intero mondo che riproduce se stesso in maniera indefinita, e cioè senza ormai più neanche un fine. L’uomo, come affermava Arnold Gehlen, è una creatura mancante che per sopperire alle proprie carenze ha inventato specifiche forme di rappresentazione culturale e sociale, quali l’educazione, le istituzioni, le leggi e la politica. Queste forme hanno tuttavia finito per piegarsi alle ingiunzioni di una società che, in rapida trasformazione, ha reso centrali – e anzi vitali – le idee di produttività, di efficienza, e tutti quegli imperativi che riguardano il successo, la riuscita, l’ottimizzazione, il progresso, l’affermazione, il consenso. Infine la tecnica stessa, da strumento razionale d’ausilio e salvaguardia della vita umana, ha finito per trasformarsi in un apparato di potere autonomo e autosufficiente. A partire da queste considerazioni Galimberti ci conduce in una breve ma spietata investigazione su cosa voglia dire aver lasciato spazio al sormontare della tecnica a scapito del vivente e del senso dell’esistere.
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Anno edizione:2023
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