Ho letto il libro con un senso profondo di curiosità per la vita vissuta dalla scrittrice. Mi sono molto emozionata mentre leggevo il libro pensando a Lei bambina nelle difficoltà della vita che ha vissuto insieme alla famiglia e i suoi coetanei di quei tempi, specialmente perché in terra straniera. Da leggere !
Vita mia. Giappone, 1943. Memorie di una bambina italiana in un campo di prigionia
Dacia Maraini torna indietro nel tempo insieme al lettore per raccontare l’orrore del campo di concentramento, riuscendo a intessere il ricordo vivido e toccante dell’innocenza dell’infanzia e del coraggio di non dimenticare.
«Maraini riflette su ciò che quell’atroce esperienza le ha insegnato: della crudeltà e della generosità, della bellezza e della solidarietà, dell’innocenza e della follia umana.» - L’Espresso
È il 1943. Dacia è solo una bambina di sette anni e vive in Giappone con la sua famiglia. Fosco, il papà, insegna all’università di Kyoto, e la mamma Topazia e i bambini sono ben integrati nella società nipponica. Sono gli anni finali di una guerra che ha sconvolto il mondo, tutti sognano la pace e sentono che sta per essere messa per iscritto la parola fine al conflitto. Ma la vita di Dacia cambia drasticamente quando Fosco e Topazia si rifiutano di giurare fedeltà alla Repubblica di Salò e la famiglia Maraini viene portata in un campo di concentramento per “traditori della patria”. Improvvisamente la quotidianità diventa prigionia, fame, malattia e attesa, ma soprattutto il bisogno di battersi per sopravvivere. Vita mia è il racconto tirato fuori dal cassetto della memoria di una bambina innocente, di anni terribili e dolorosi, ma anche della forza della speranza, coraggio e fedeltà di un’intera famiglia, divenuta simbolo della Storia per aver lottato contro la sua parte peggiore.
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Anno edizione:2024
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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raffy66 11 gennaio 2025Commovente, toccante.
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Manuel 30 dicembre 2024Ottima lettura
Scorrevole, non scivola mai in aspetti pietistici, ma racconta con lucidità, per quanto ovviamente soggettiva, un'esperienza drammatica anch'essa vissuta lucidamente da bambina, lucidamente come statole insegnato da cotanti genitori che la fortuna le riservò,
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Serena 30 dicembre 2024“Vita mia” nelle pieghe più dolorose dell’infanzia
La penna ‘gentile’ di Dacia Maraini traccia, in Vita mia, un percorso tra i ricordi più dolorosi dell’infanzia, dominati dall’internamento nel campo di concentramento in Giappone poiché lei e la sua famiglia sono considerati traditori per non aver sottoscritto il riconoscimento della Repubblica di Salò. Dacia con le sorelle Yuki, Toni ed i genitori Folco e Topazia Alliata, vivono in ristrettezze per due anni, in un gruppo di diciotto persone, al freddo in uno stanzone, senza potersi sedere né sdraiare dal momento del risveglio a quello del tramonto, senza poter né leggere né scrivere, con poco più di 100 grammi di riso al giorno e tutto quel che si può recuperare dalla spazzatura, compresi cachì marci, bisce, l’unica abbondanza del luogo, e alcune sottrazioni indebite studiate per sopravvivere. La scrittrice indomita che conosciamo, autrice di racconti, romanzi, testi teatrali, poesie, chiama qui a testimone dell’orrore vissuto, tra bombardamenti, minacce dei militari del campo e terremoti continui, gli scritti di Primo Levi e degli antropologi Ruth Benedict e Fosco Maraini, suo padre, e della scrittrice e sorella Toni Maraini, come avesse bisogno di conforto nello scrivere l’indicibile e il mai, quasi, raccontato: forse per difendere quanto scrive dal negazionismo dilagante; capace di negare l’esistenza del campo di concentramento giapponese, le cui vestigia, scopre, per altro, l’autrice una volta tornata a cercarlo, essere quasi scomparse fra le costruzioni moderne. Negazionismo capace anche di confutare evidenze macroscopiche come i campi al centro dell’Europa, tuttora visitabili e visitati più volte da Maraini come tributo alla sua esperienza familiare e soprattutto a quanti non tornarono più.
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