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Anno edizione: 2023
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In una cronaca vivida, dolorosa, commista a pagine di speranza, di incredulo stupore, attraverso gli occhi di una bambina ripercorriamo i lunghi mesi della prigionia di Dacia e dei Maraini nel campo giapponese.
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Ho letto il libro con un senso profondo di curiosità per la vita vissuta dalla scrittrice. Mi sono molto emozionata mentre leggevo il libro pensando a Lei bambina nelle difficoltà della vita che ha vissuto insieme alla famiglia e i suoi coetanei di quei tempi, specialmente perché in terra straniera. Da leggere !
La penna ‘gentile’ di Dacia Maraini traccia, in Vita mia, un percorso tra i ricordi più dolorosi dell’infanzia, dominati dall’internamento nel campo di concentramento in Giappone poiché lei e la sua famiglia sono considerati traditori per non aver sottoscritto il riconoscimento della Repubblica di Salò. Dacia con le sorelle Yuki, Toni ed i genitori Folco e Topazia Alliata, vivono in ristrettezze per due anni, in un gruppo di diciotto persone, al freddo in uno stanzone, senza potersi sedere né sdraiare dal momento del risveglio a quello del tramonto, senza poter né leggere né scrivere, con poco più di 100 grammi di riso al giorno e tutto quel che si può recuperare dalla spazzatura, compresi cachì marci, bisce, l’unica abbondanza del luogo, e alcune sottrazioni indebite studiate per sopravvivere. La scrittrice indomita che conosciamo, autrice di racconti, romanzi, testi teatrali, poesie, chiama qui a testimone dell’orrore vissuto, tra bombardamenti, minacce dei militari del campo e terremoti continui, gli scritti di Primo Levi e degli antropologi Ruth Benedict e Fosco Maraini, suo padre, e della scrittrice e sorella Toni Maraini, come avesse bisogno di conforto nello scrivere l’indicibile e il mai, quasi, raccontato: forse per difendere quanto scrive dal negazionismo dilagante; capace di negare l’esistenza del campo di concentramento giapponese, le cui vestigia, scopre, per altro, l’autrice una volta tornata a cercarlo, essere quasi scomparse fra le costruzioni moderne. Negazionismo capace anche di confutare evidenze macroscopiche come i campi al centro dell’Europa, tuttora visitabili e visitati più volte da Maraini come tributo alla sua esperienza familiare e soprattutto a quanti non tornarono più.
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