Sono rare quelle pagine che divengono, sin dalle prime righe, un buon motivo per “restare”… Non è a caso che “Zeig”, di Martino Ciano, scrittore e giornalista di rara professionalità e spiccata sensibilità, resti appiccicato alla pelle e profondamente radicato nella consapevolezza del lettore più attento. Lo stile affilato come la lama di un rasoio, s’imprime nella coscienza di chi, per desiderio o pura casualità, affonda, già dal primo capitolo, in un multistrato emozionale, denso, e tanto vicino da sentirlo fremere sotto le righe e nella gola. Zeig, che s’insinua nella “zona di sicurezza” di ciascuno di noi, abbattendola dalle fondamenta, proiettando sul telone di piazza le ombre distorte di pubbliche e private menzogne e negate verità. Zeig, che in un panorama culturale sempre più commercializzato, arido di qualità e pregno di disattenzione di massa, sa come presentarsi al pubblico, indossando il sobrio abito della qualità letteraria, senza fronzoli, leale, schietta, diretta, cruda ma dal valore indiscutibile. Zeig, opera a più livelli, di cui ciascuno di questi è indispensabile. Zeig, caleidoscopio di pensieri, di carni, sentimenti… Zeig che senza imporsi, invita il lettore a restare, per curiosità, per necessità, per un bisogno primordiale che questa società troppo spesso nega. Zeig, di Martino Ciano…
Zeig
Colpaca, una città immaginaria in un mondo che non esiste, in cui tutto è vero e tutto è falso. Anche ricercare se stessi può trasformarsi in un gioco pericoloso che porta alla disintegrazione. Io sono un uomo che vuole solo morire, pensa Marselo, operaio assuefatto ai ritmi di lavoro e al sistema social-consumistico, ma pronto a evadere dalla quotidianità per dedicarsi a una vita di sola contemplazione. Vorrebbe trasferirsi a Redimos, rifugio per sognatori e bohémien, per profeti e artisti. Vorrebbe squarciare il velo d’incanto che maschera le brutture di un sistema in cui tutti sono controllori e controllati. Ma la verità ha un prezzo e, forse, neanche Marselo è pronto a pagarlo. La verità va cercata nel profondo nell’anima, laddove non si è che intuizione e istante. Attraverso la distopia, Zeig scende negli abissi della società odierna, in cui la menzogna è l’unica profezia accettata. «Ciano padroneggia la matrice narrativa mettendo in scena un teatro dell’errore, una parabola filosofica in cui verità e menzogna, simulazione e dissimulazione, realtà e artificio si confondono, si perdono, si cambiano di posto. L’autore ha invitato allo stesso tavolo Borges, Orwell, Philip Dick, Fritz Lang, chiedendo loro: dove eravamo rimasti? La risposta è in una trama che il lettore segue con vigile partecipazione» (dalla postfazione).
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