Un libro che è la biografia dello stesso scrittore ed è attraverso i suoi occhi, infatti, che vengono tessuti gli eventi descritti nelle sue pagine. Con un tono sobrio lo scrittore accompagna il lettore nel passaggio dagli anni di studio, dagli episodi giovanili delle sue esperienze, alla quotidianità della violenza della vita in trincea, senza fare sconti su immagini rappresentanti la precarietà della vita e sottolineando come fosse doveroso imparare in fretta, per sopravvivere, a sviluppare riflessi automatici che potevano fare la differenza tra la vira e la morte e come fosse importante lasciarsi alle spalle la normalità della vita 'normale' e 'comune' abbracciando l'irrazionalità della guerra, a costo poi di sentirsi un pesce fuor d'acqua nelle vesti di soldato tornato in patria, lontano dalla follia del conflitto e dall'odore della morte. 'Addio a tutto questo' è avvolto da una tensione narrativa che tienere stretto il lettore fino ai risvolti contenuti nelle sue ultime pagine, quest'ultime vanno un po' a smorzare il tono e il ritmo offrendo un cuscinetto emotivo al lettore al fine di accompagnarlo fuori dalle bruttezze belliche per condurlo nella più tranquilla vita lontano da armi e trincee, da divise e addestramenti, seppure la tranquillità di una vita 'normale' possa nascondere in sé risvolti inaspettati. Da consigliare sicuramente, magari letto insieme a un altro romanzo storico che potrebbe essre considerato suo 'gemello': 'Niente di nuovo sul fronte occidentale' di Erich Maria Remarque. I due scritti narrano con voci provenienti da lati opposti della trincea, eppure contengono storie quasi identitiche, come molto simili sono le età dei protagonisti, con le stesse tensioni, paure e speranze. La simultanea lettura delle due opere certamente regala al lettore un'esperienza immersiva completa e sfaccettata sulla Grande Guerra.
Addio a tutto questo
Il più nitido, struggente e indimenticabile atto di commiato che le trincee d'Europa abbiano costretto un poeta a scrivere.
«Lo spirito del reggimento sopravvisse ostinatamente a ogni catastrofe. Il nostro primo battaglione, per esempio, fu praticamente annientato nel giro di due mesi dal momento in cui si unì al Corpo di Spedizione britannico. il giovane Orme, che arrivava direttamente da Sandhurst, nella crisi della prima battaglia di Ypres si ritrovò al comando di un battaglione ridotto a soli quaranta fucili. Con questi e con un altro manipolo, residuo del secondo battaglione del Queen's Regiment, rimasto con trenta uomini e due ufficiali, contribuì a riconquistare tre linee di trincea perdute e fu egli stesso ucciso... Nel corso della guerra, almeno quindici-ventimila uomini devono essere passati per ciascuno dei due battaglioni di linea, la cui forza di combattimento non superò mai gli ottocento soldati. A ogni catastrofe i ranghi venivano riempiti con nuovi reparti provenienti dalla madrepatria, con i feriti leggeri del massacro di tre o quattro mesi prima, e con i feriti più gravi dei massacri ancora precedenti.»
Meno di cento chilometri in linea d'aria separavano le colline del Kent dalle Fiandre, e i corni della caccia alla volpe avevano un suono sinistro, contro il rombo dei bombardamenti a tappeto intorno a Ypres, o sulla Somme. Durante un attacco dell'artiglieria tedesca, il 20 luglio 1916, Robert Graves fu ferito così gravemente da comparire, in un primo momento, sulla lista dei caduti con onore, beninteso che il "Times" pubblicava ogni giorno. In realtà Graves tornò su un treno ospedale alla stazione di Wimbledon, e qualche tempo dopo si riprese dalle ferite, per quanto atroci: ma la notte sentiva esplodere granate intorno al letto, scambiava i passanti per amici perduti al fronte, e se sentiva partire una macchina, o sbattere una porta, si gettava a terra. E così, a poco a poco, quei cento chilometri scarsi fra il tè del pomeriggio e i cadaveri lasciati a decomporsi nella terra di nessuno diventarono, per Graves come per gli altri scampati al massacro, un abisso capace di inghiottire per sempre, in un orrore senza nome, il mondo di ieri. Che nel 1929, prima di lasciare un'Inghilterra in cui non avrebbe potuto più vivere, Graves ricostruì per un'ultima volta in questo libro il più nitido, struggente e indimenticabile atto di commiato che le trincee d'Europa abbiano costretto un poeta a scrivere. Con una nota di Ottavio Fatica.
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Collana:
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Anno edizione:2016
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Andrea 11 ottobre 2021Consiglio
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