Non è solo un ricordo del padre chiamato “L’Africano”, ma è un tentativo di comprendere un padre lontano da cui si è stati separati per colpa della seconda guerra mondiale e il cui incontro in Africa è stato un trauma per il bambino Le Clezio. L’Africa è stata un’esperienza esaltante così diversa dall’ambiente prettamente femminile e edulcorato della sua infanzia, nonostante il trauma della seconda guerra mondiale: è un bambino viziato Le Clezio e ha grosse difficoltà a comunicare con un padre severo, autoritario, che non conosce e di cui non riesce a capire le rigidità. Nonostante l’Africa sia una terra che appare libera e selvaggia, il padre costringe lui e il fratello a un comportamento molto rigido. Ma i bambini comunque riescono a scorrazzare in queste distese e a integrarsi con i bambini del posto. Sono molto belle le fotografie del padre allegate al libro e mi ha molto colpito il ricordo, questa volta mi sembra più commosso, degli ultimi anni di vita dell’Africano in Europa scioccato dalle guerre tribali e dal dramma del Biafra: la “sua” Africa è devastata dalla violenza e dall’arrivo della nuova epidemia dell’AIDS. Durissima la posizione del padre contro il colonialismo e impossibile il suo adattamento a una vita da pensionato in Francia tanto che vivrà sempre con il desiderio di andarsene di nuovo. E’ un romanzo molto breve ma talmente denso che Le Clezio riesce a condensare i suoi ricordi e le sue sensazioni al punto che a noi lettori sembra di vederla l’Africa che racconta e di conoscere il padre che per lui è sempre stata una figura sfuggente e difficile da inquadrare.
L'africano. Ediz. illustrata
Nel 1948, a otto anni, J.M.G. Le Clézio lascia Nizza, la sua città natale, e con la madre e il fratello parte per la Nigeria, dove il padre, che non ha mai conosciuto, è medico nell'esercito britannico. Inizia così uno straordinario viaggio che, più di cinquant'anni dopo, sarà oggetto di questo libro. Le Clézio racconta il continente nero attraverso gli occhi di un bambino che entra in contatto con un mondo dove tutto - natura, sole, temporali, insetti "esiste" con intensità e violenza, un mondo che gli regala una sensazione di libertà fisica e mentale per lui fino a quel momento sconosciuta. Fondamentale è l'incontro con il padre, uomo duro, abituato alla solitudine cui lo ha costretto la guerra. È dalla prospettiva del bambino che viene descritta la sua severità, il suo modo di vestire e i tentativi di ricuperare il tempo perduto con i figli. E sempre dalla stessa prospettiva emerge l'ammirazione verso quest'uomo misterioso, cui Le Clézio tenta di "avvicinarsi" per tutto il libro. Ad accompagnarlo nella sua indagine ci sono le foto scattate proprio dal padre, immagini piene di suggestione, non professionali e, forse per questo, assolutamente autentiche.
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