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Almeno il cappello. Nuova ediz. - Andrea Vitali - copertina
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Almeno il cappello

Descrizione


La piccola fanfara di Bellano, le aspirazioni e le ambizioni personali delle autorità e di un musicista dilettante, gli intrecci e gli intrighi della vita di paese.

«È il romanzo perfetto. Perfetto è il tono. Perfetta la concentrazione. Perfetta la trama. Perfetti i caratteri. Perfetto l'umorismo. Perfetta la malinconia. Perfetta l'anagrafe.» - Antonio D'Orrico, Corriere della Sera

«Non è tanto la storia, ma come la racconta... usa con bravura estrema le tecniche del romanzo e quelle del giallo.» - Andrea Camilleri

Ad accogliere i viaggiatori che d'estate sbarcano sul molo di Bellano dal traghetto Savoia c'è solo la scalcagnata fanfara guidata dal maestro Zaccaria Vergottini, prima cornetta e direttore. Un organico di otto elementi che fa sfigurare l'intero paese, anche se nel gruppetto svetta il virtuoso del bombardino, Lindo Nasazzi, fresco vedovo alle prese con la giovane e robusta seconda moglie Noemi. Per dare alla città un Corpo Musicale degno di questo nome ci vuole un uomo di polso, un visionario che sappia però districarsi nelle trame e nelle inerzie della politica e della burocrazia, che riesca a metter d'accordo il podestà Parpaiola, il segretario comunale Fainetti, il segretario della locale sezione del Partito Bongioanni, il parroco e tutti i notabili della zona. Un insieme di imprevedibili circostanze - assai fortunato per alcuni, e invece piuttosto sfortunato per altri - può forse portare verso Bellano il ragionier Onorato Geminazzi, che vive sull'altra sponda del lago, a Menaggio, con la consorte Estenuata e la numerosa prole. "Almeno il cappello" racconta la gloriosa avventura del Corpo Musicale Bellanese, le mille difficoltà dell'impresa e la determinazione di chi volle farsene artefice. A ritmo di valzer e mazurca, con il contorno di marcette e inni, Andrea Vitali s'inventa un'altra storia tutta italiana, fatta di furbizie e sogni, ripicche e generosità, pettegolezzi e amori.
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Dettagli

3
2017
Tascabile
4 maggio 2017
416 p., Brossura
9788811673231
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Indice

La domenica 9 ottobre 1927 Mussolini inaugurava a Roma la prima mostra del grano. Il giorno dopo, lunedì, Evelindo Nasazzi, a Dervio, metteva sottoterra Animella Carlini, quarantasei anni, la sua prima moglie. Un funerale squallido, poca gente al corteo, ancora meno al cimitero, celebrato in tarda mattinata sotto un cielo di nuvole e contornato da un'atmosfera festosa. Infatti, mentre la bara con la Carlini usciva dalla sua casa per l'ultimo viaggio, i bambini delle scuole elementari sciamavano dalle loro aule per recarsi presso la sala parrocchiale dove, di lì a poco, avrebbero dovuto interpretare un'allegoria ispirata alla battaglia del grano. Tra il folto pubblico, oltre alle numerose autorità, il podestà di Dervio, Amilcare Vestreni, il direttore didattico Parco Mincia, ideatore e regista dell'allegoria, e il parroco don Santo Patroni che festeggiava il decimo anniversario del suo arrivo in quel paese: dopo lo spettacolo e la messa, il pranzo presso il ristornate Del Crottino, riservato ad autorità e sacerdoti, avrebbe messo il sigillo alla giornata di festa. In omaggio alla quale il podestà Vestreni, d'accordo con il segretario Mirri, aveva concesso una mezza giornata di libertà ai dipendenti comunali. Il corteo funebre incrociò lungo la strada statale la fila dei bambini, elettrizzati dalla novità di quella mattina sottratta alla noia della scuola. Nonostante l'intervento di alcune maestre, con secche sberle sulla coppa dei più agitati, non ci fu verso di ridurli al silenzio. Onde evitare nuovi incontri imbarazzanti, il coadiutore del parroco, cui il funerale era stato affidato - visto che il suoi superiore era impegnato a festeggiare sé stesso e il grano italiano -, impose una deviazione che accorciò la strada dapprima verso la chiesa, dove celebrò quello che lo scaccino giudicò essere il riassunto di una messa, e poi verso il cimitero.

Valutazioni e recensioni

Renzo Montagnoli
Recensioni: 4/5

Sono tentato di aprire e, contemporaneamente, chiudere il discorso a proposito di questo Almeno il cappello scrivendo semplicemente che si tratta del solito Andrea Vitali, cioè che presenta le caratteristiche di tutti i suoi numerosi romanzi, non pochi e forse anche troppi, che hanno una trama che si svolge prevalentemente a Bellano, sul lago di Como, con tanti personaggi tipici di una piccola realtà sempre meno evidente in una società impersonale come la nostra. Sono tentato anche per pigrizia perché in fin dei conti le opere di questo autore lasciano ben poca traccia nell’animo del lettore, ma sono un ottimo mezzo per trascorrere piacevolmente alcune ore. Però, se mi astenessi dal comprendere il perché del successo di Vitali, di questa smania che prende chi legge a passare da un suo romanzo all’altro benché consapevole del modesto spessore letterario, non tributerei all’autore il giusto risalto che dovrebbe avere. Questa sua innata capacità di tessere una tela principale, non evanescente, anzi fitta, in cui confluiscono altre storie, semplici, ma non banali, con personaggi caratterizzati da una ben precisa personalità non è cosa che si possa incontrare facilmente, così come l’indubbio talento di narrare in modo convincente, per non dire affascinante, storie inventate e in fondo poco dotate di credibilità, sono tutti elementi per un giudizio che non deve essere superficiale. Certo in Almeno il cappello questo ragionier Geminazzi, in preda al sacro furore della musica, che fra mille difficoltà vuole trasformare una semplice fanfara in una banda di paese, sembrerebbe di primo acchito un protagonista un po’ sciapo, se Vitali non avesse l’abilità di porgli accanto delle spalle ancor più interessanti e interpreti di storie proprie. E’ forse questo il segreto del narratore comasco, cioè percorrere un sentiero principale, con brevi e rapide variazioni di percorso, che procedono quasi in parallelo, per poi confluire in un’unica strada a conclusione di un lavoro che forse non è convincente, ma è capace di attrarre in modo continuativo. Credo che Vitali più che essere definito un romanziere possa essere soprattutto considerato un affabulatore, peraltro un abile affabulatore, qualità che fra alti e bassi, ma con un livello complessivamente più che discreto caratterizza tutta la sua produzione, anche questo Almeno il cappello, capace di strappare qualche risata, ma anche di commuovere, insomma un libro senz’altro da leggere.

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Recensioni: 4/5

Dopo essere rimasta delusa dalla lettura de La leggenda del morto contento, in questo romanzo ho finalmente ritrovato lo stile che tanto amo nel nonno Vitali: leggerezza, ironia, linearità nella narrazione, personaggi talmente ben descritti che sembra quasi di averli davanti agli occhi mentre si legge! Un bel libro, che si legge con facilità, una storia che conquista il lettore dalla prima all'ultima pagina! A mio parere dovrebbe essere letto da tutti, perchè tratta comunque bei temi, in maniera abbastanza semplice

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ALESSIA VANNI
Recensioni: 4/5

Finalmente un libro che può dirsi "ben scritto". Vitali ha saputo, con uno stile leggero ma mai banale, affrontare un tema probabilmente snobbato da molti, che non conoscono l'importanza sociale delle piccole realtà paesane come quelle di una banda. Il tutto, condito con un frizzante umorismo ed inaspettati risvolti finali!

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Recensioni

4,25/5
Recensioni: 4/5
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Conosci l'autore

Andrea Vitali

1956, Bellano (Lecco)

Dopo aver frequentato «il severissimo liceo Manzoni» di Lecco, Andrea Vitali si laurea in medicina all'Università Statale di Milano ed esercita la professione di medico di base nel suo paese natale. Scrittore molto prolifico, ha esordito nel 1990 con il romanzo breve Il procuratore, ispiratogli dai racconti di suo padre; nel 1996 ha vinto il Premio letterario Piero Chiara con L'ombra di Marinetti, ma il grande successo lo ha ottenuto nel 2003 con Una finestra vistalago (Premio Grinzane 2004). Nel 2006 ha vinto il Premio Bancarella con il romanzo La figlia del Podestà; nel 2009 il Premio Boccaccio e il Premio Hemingway. Tra i numerosi romanzi, ricordiamo: nel 2011 La leggenda del morto contento e Zia Antonia sapeva di menta. Nel 2012 Galeotto fu il collier e Regalo...

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