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Nel 1908, appena trentunenne e disegnatore già noto e apprezzato, Kubin è profondamente scosso dalla morte del padre, che lo coglie in uno stato di tormentosa sterilità succeduto a lunghi periodi di crisi psichica. Per liberarsi dalle visioni che lo perseguitano e a cui, in quelle condizioni di paralisi creativa, non sa dare espressione grafica, egli decide di mettersi a scrivere e, nel giro di dodici settimane, butta giù un romanzo: L’altra parte. Nelle otto settimane che seguono egli riesce ad aggiungere al libro (che sarà pubblicato l’anno successivo e che attirerà l’attenzione dei più sensibili tra i suoi contemporanei) una cinquantina di disegni. È una discesa agli inferi, e una liberazione. Poco dopo avrà inizio la fase più matura di Kubin, il quale diventerà quel grande disegnatore fantastico, uno dei maggiori del nostro secolo, che entusiasmerà i surrealisti e le cui opere saranno conosciute anche in Italia grazie alla mostra del 1952, organizzata dalla Biennale di Venezia.
Che cos’è Perla, la città immaginaria di Alfred Kubin, lo scenario del suo unico romanzo?
È una città gravata da un mistero permanente, concepita come un mosaico di ruderi, di antichità, di avanzi decrepiti e corrosi del passato, tratti dai più famosi angoli del mondo. È una città artificiale, una messinscena perfetta, nella quale si muove una popolazione di nostalgici, di nevrastenici, di gente che fugge la vita del suo tempo e preferisce crogiolarsi in stati d’animo e sensazioni tra il mistico e l’estetizzante, tra il poetico e il morboso. Ma dietro l’apparente grigiore della vita quotidiana di questa città si nasconde un mistero: un sovrano, un essere inafferrabile e proteiforme tiene sotto il suo magico incantesimo uomini e cose, si insinua in esse facendole diventare mere parvenze, e le accomuna in un unico allucinante e assurdo disegno.
Kubin era boemo e il romanzo è impregnato dei chiaroscuri di Praga, luogo d’incontro di una cultura raffinata e stanca di forze brutali: città del Golem e di alchimisti, di anditi oscuri e di pericoli in agguato. È la città di Kafka, il quale conobbe Kubin, l’ammirò e ne subì l’influenza, tanto che nelle sue opere si ritrovano, soprattutto nel Castello, alcuni dei motivi fondamentali di L’altra parte.
Se per Kubin è la storia di una crisi superata, L’altra parte è per noi un libro terribile e profetico. La distruzione della città e del regno immaginario, in un crescendo di incubi apocalittici e attraverso tutte le fasi della disgregazione e della rivolta delle forze naturali scatenate, preannuncia di pochi anni la guerra del ’14 e l’inizio del crollo della vecchia civiltà europea. Kubin visse così a lungo da vedere, nella seconda guerra mondiale, le estreme conseguenze di questo processo. Egli morì nel 1959.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Esistono libri febbrili, disturbanti, e distorti, che come un morbo ti rendono schiavo e ti ancorano nel loro mondo. Ecco appena tratteggiato : l'Altra parte, l'unico di romanzo di Alfred Kubin, scritto nel 1908, anno in cui muore il padre e lui si trova fronteggiare una grave crisi psichica, con visioni da persecutore e deliranti, e sterilità creativa. Nasce così, in appena dodici settimane, la storia dell' immaginaria città di Perla, un viaggio negli Inferi e ritorno. Lenta e inarrestabile discesa in un incubo. L'utopica città di Perla si rivela presto essere un ideale irrealizzabile, e inizierà così la decadenza sua e di tutto il Regno di Sogno fondato da Patera, enigmatico sovrano/dio. Il protagonista, con forti tratti autobiografici di Kubin, assiste quasi passivamente a tutto ciò che succede, anche nei momenti più efferati e onirici. In particolare per questo ultimo punto, il romanzo rivela presto la sua natura fantastica, sfociando proprio nell' onirica e nell' interazione visionaria. È un continuo fluire di personaggi e situazioni bizzarre e grottesche, fino a sfociare tra l'apocalisse e il mistico. Kubin riesce a evocare immagini decisamente potenti, anche se il merito è quasi solo della sua fantasia. La sua scrittura infatti contribuisce poco, molto asciutta e poco coinvolgente, salvo qualche momento di riflessione interiore del protagonista in cui invece riesce a rendere molto bene lo stato febbricitante e al limite della pazzia. L'opera poi contiene 52 disegni di Kubin, il quale per chi non lo sapesse è stato prima di tutto un illustratore. Sono disegni essenziali, spesso quasi solo abbozzati e con pochi dettagli, ma che immergono ottimamente nell'atmosfera del romanzo.
Recensioni
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