Con il mio periodico girovagare tra le proposte dei libri outlet, ispirato dal desiderio di risparmio, mi capita di scoprire piacevoli romanzi, anche se ormai di stesura datata. E’ il caso di quest’opera dal titolo italiano piuttosto incomprensibile, a meno che non si voglia considerare come apprendistato l’indagine che un “cacciatore di ladri” ebreo si trova gioco forza a condurre negli ambienti della nascente finanza londinese, nell’intento di chiarire le cause della morte del padre. Siamo nel 1719: a Londra si fronteggiano la Banca d’Inghilterra e la potente South Sea Company: entrambe cercano di prevalere nella gestione del mercato delle azioni e dei titoli di stato, considerati all’epoca ancora delle novità, mentre comincia ad affermarsi l’uso della carta moneta. Non mancano le scene d’azione, anche se l’indagine diventa man mano più indiziaria, filosofica, razionale. L’ironia è ben dosata lungo tutto il romanzo, facilitata dalla narrazione in prima persona, con cui il protagonista si rivolge a volte direttamente al lettore. Avvincente è il ricorrente contrasto tra le dettagliate descrizioni degli ambienti e dei costumi aristocratici con quelle che dipingono, invece, i bassifondi luridi e malavitosi di Londra, che, almeno nel mio immaginario visivo, mi hanno ricordato la recente serie televisiva “A Thousand Blows”, anche se quest’ultima si svolge circa due secoli dopo. (Analogo è anche il collegamento con il pugilato: “l’Apprendista” è un ex pugile e la serie racconta la sfida tra pugili che combattono ancora a mani nude, rifiutando l’invenzione dei guantoni da boxe). Nel complesso un piacevole romanzo storico, ispirato da una delle prime reali bolle speculative sulla piazza di Londra.
