L’avarizia è un vizio generoso: può riguardare tanto un secolo quanto un’intera società, tutta un’epoca, come per esempio la nostra. Zamagni nel suo saggio prova a rivelarlo quando ci piace essere ipocriti: ai suoi esordi per avarizia si intendeva schiettamente la philargyria, l’amore per il denaro, adesso ci piace dire che l’avarizia è un difetto caratteriale, semmai, una questione per terapeuti, non per quei Paperon De Paperoni che vogliono diventare tutti, col la loro impoetica sindrome da Paperini perenni.
Avarizia. La passione dell'avere. I 7 vizi capitali
Indossando di volta in volta i panni dell'avidità, della cupidigia, dell'usura, della concupiscenza, della taccagneria o della grettezza, la struttura camaleontica dell'avarizia è tale che essa può addirittura assumere le sembianze della virtù. È il vizio più "economico" dei sette ed è un economista ad indagare le ragioni per le quali nel corso del tempo, a partire dalla tarda antichità esso sia andato soggetto ad una pluralità di slittamenti semantici, secondo un'alternanza che non trova riscontro in nessuno degli altri vizi capitali. Da radice di tutti i mali e quindi primo dei vizi, l'avarizia diverrà seconda alla superbia durante l'alto medioevo, per ritornare al primo posto all'epoca della Rivoluzione commerciale, e divenire nell'Umanesimo civile - con un altro mutamento di prospettiva - impulso alla prosperità e quasi una virtù. Nell'ultimo quarto di secolo, l'avarizia è tornata ad essere vizio ed è quello che più di ogni altro è cresciuto in maniera spettacolare. L'avaro di oggi è posseduto dalle cose, accumula e conserva ma non usa, possiede ma non condivide. La sua infelicità è un fallimento della volontà o della ragione?
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Anno edizione:2009
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