È un libro sulla coscienza, sull’obbedienza cieca, sull’orrore che può crescere nei contorni rassicuranti della normalità. Hannah Arendt, seguendo il processo a Adolf Eichmann, non ci presenta un mostro, ma un uomo ordinario. È proprio lì che nasce lo sconcerto, il nodo in gola: il male più spaventoso non ha il volto della crudeltà evidente, ma quello dell’indifferenza burocratica, dell’assenza di pensiero, del conformismo assoluto. Oggi, rileggendo questo libro mentre il mondo assiste – spesso in silenzio, spesso con ipocrisia – alla distruzione di Gaza, è impossibile non vedere i paralleli. La disumanizzazione sistematica, la riduzione di vite umane a numeri, la gestione della violenza come pratica amministrativa, militare, logistica. Chi decide, chi comanda, chi esegue... e chi guarda. Come Eichmann, molti attori nel presente si giustificano dietro il dovere, la sicurezza, la legge, la vendetta o la storia. Ma il male non è mai solo nelle bombe: è anche nelle giustificazioni che lo rendono accettabile. Arendt ci mette in guardia: il male non ha bisogno di ideologie forti, a volte gli basta una scrivania, un ordine da eseguire, una coscienza messa a tacere. E ci chiama, oggi più che mai, a pensare. A non delegare il giudizio. A non accettare la logica del “non possiamo farci nulla”. Perché il male banale non si nutre solo di odio: si nutre del silenzio, della distanza, della stanchezza morale del mondo. Gaza oggi è anche il nostro specchio. E la domanda che Arendt ci lascia — “Se io fossi lì, cosa farei?” — si rovescia su di noi: E adesso che sei qui, cosa scegli di vedere?"
La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme
“Il mio miraggio è il libro che mette le mani addosso, il libro che sbatte per aria, il libro che ‘fa’ qualche cosa alle persone che lo leggono.” Queste parole di Giangiacomo Feltrinelli non possono non risuonare nella mente quando si affronta un testo come La banalità del male, che Feltrinelli pubblica nel 1964, un anno dopo rispetto all’edizione originale. È un libro sconvolgente, che merita appieno l’aggettivo “necessario”. Perché a quindici anni dalla fine della Seconda guerra mondiale Arendt ci fa assistere insieme a lei al processo contro Adolf Eichmann, uno dei principali responsabili dell’organizzazione della “soluzione finale”. Nel resoconto e nella riflessione che ne conseguono l’autrice mostra che, contrariamente a quello che potremmo aspettarci, Eichmann non è un demone con la schiuma alla bocca e l’inconfondibile marchio del male stampato addosso. È un uomo normale. Il naso aquilino, l’occhiale di tartaruga, la corporatura minuta, la stempiatura abbondante. Quando la sua linea di difesa viene impostata su un superficiale “stavo solo eseguendo gli ordini”, si delinea la cupa presa di coscienza di questo volume: solo raramente il male è “grande”; molto più spesso ci somiglia, ha l’abito grigio della compiacenza, ha la sagoma della persona che ci precede nella fila al supermercato. E questo è terrificante. Arendt rifiuta un facile manicheismo e si chiede cosa voglia dire essere umani in un mondo in cui il male può essere tanto banale. “Il guaio del caso Eichmann era che di uomini come lui ce n’erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali.”
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Autore:
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Traduttore:
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Pagine:368
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Editore:
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Formato:
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Lingua:Italiano
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Eleonora 06 ottobre 2025Un libro da leggere nella vita.
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sofi 28 agosto 2025più cronaca che filosofia
Ho studiato il pensiero filosofico di Arendt alle superiori e perciò ho voluto affrontare personalmente il suo libro più famoso. Essendo questo il frutto di una corrispondenza tra l'autrice e il New Yorker, i contenuti riguardano soprattutto le dinamiche del processo e il ruolo di Eichmann nella "soluzione finale", piuttosto che la riflessione filosofica che aveva destato tanto scalpore. Pertanto, seppur chiaramente spiegata, la teoria di Arendt occupa pochissime pagine rispetto all'estremamente dettagliato e abbastanza tedioso resoconto della carriera di Eichmann.
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Elena 09 maggio 2025Assolutamente da leggere
Imperdibile e accattivante. Punto di vista importante
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