La Beatrice di Dante - Mario Rapisardi - copertina
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Letteratura: Italia
La Beatrice di Dante
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Descrizione


Mario Rapisardi (1844-1912), scrittore, poeta, classicista, docente universitario e libero muratore, è una di quelle figure che dovrebbero essere di buon grado celebrate come assoluti e indiscussi giganti della letteratura italiana ed europea, eppure pochi oggi conoscono il suo nome e leggono le sue straordinarie opere. Sul “Vate Etneo” - come egli stesso si appellò nel suo autoritratto poetico presente nel poema Atlantide, è calata nel corso del Novecento una tacita damnatio memoriae. Profondo conoscitore delle opere di Dante Alighieri, Rapisardi ci ha lasciato, oltre alla sua celebre Ode a Dante, una serie di fondamentali studi danteschi, tra cui La Beatrice di Dante, un saggio in sei capitoli che vide la luce nel 1877 a Firenze sulla Rivista Europea - Rivista Internazionale, che costituisce ancora oggi uno dei migliori studi sulla figura di Beatrice e sul suo ruolo simbolico, mistico e allegorico nell'opera dantesca. Con queste parole il Vate Etneo siglava la sua premessa al testo: «Intendo mostrare in queste pagine come Beatrice, donna vera e reale e realmente amata dall'Alighieri, si trasformasse a poco a poco nell'anima del Poeta, fino a diventare un simbolo e un'allegoria». Con saggio introduttivo di Nicola Bizzi.

Dettagli

164 p., ill. , Brossura
9791255043188

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Foto di Mario Rapisardi

Mario Rapisardi

(Catania 1844-1912) poeta italiano. Professore all’università di Catania, volle essere il vate degli ideali positivistici e umanitari, inneggiando alla scienza, al progresso, alla libertà e alla giustizia, in stile turgido e declamatorio (La palingenesi, 1868; Lucifero, 1873; Giobbe, 1882; Atlantide, 1894). Migliori risultano le liriche, le Ricordanze (1872), cui è stata riconosciuta la fredda levigatezza del neoclassicismo parnassiano. Analoghe caratteristiche si ritrovano nelle sue traduzioni da Lucrezio, Catullo, Orazio, P.B. Shelley. Nel 1881 fece scalpore una sua polemica con G. Carducci, che (punto da una irriverente allusione del Lucifero) lo bollò come «tenorino di provincia».

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