Come si potrebbe chiamare un uomo che ha ucciso 516 persone? Pluriomicida, serial killer… sicuramente qualcuno che dovrebbe essere perseguitato dalla legge. In questo caso invece, il soggetto in questione è colui che la legge la applica: Giovanni Battista Bugatti, Mastro Titta, “er boja de Roma”. Questo libro è basato sulle memorie (romanzate) del Bugatti, giustiziere di Sua Santità attivo dal 1796 al 1864. Si perché uno degli hobby di questo carnefice era quello di annotare tutte le esecuzioni compiute: data, luogo, nome e colpa del condannato, varie informazioni particolari degne di nota, oltre ovviamente alla pena inflitta. Si ha così un lunghissimo catalogo dei crimini più disparati: infanticidio, femminicidio, uxoricidio, omicidio, furto, grassazione, cospirazione, sovversione, criminalità organizzata… tutti reati puniti dal Bugatti con decapitazione, squartamento, mazzolatura e/o impiccagione. Un libro che fa riflettere da un lato sulla pena di morte e, dall’altro, sul fatto che forse, nonostante siano passati secoli, i crimini (e i criminali) sono bene o male sempre gli stessi. Sicuramente è un libro consigliato per gli amanti della Storia, quella di tutti i giorni, delle persone comuni e non dei grandi nomi, e per coloro che sono affascinati dalla cronaca nera, perché alla fine i soggetti di questo testo restano «uno straordinario romanzo pulp, qualcosa che in forma luciferina e feuilletonista pare un incrocio tra il Marchese de Sade e Quentin Tarantino». Un tomo scorrevole che ti rapisce con le sue oltre 400 pagine niente affatto pesanti ed, anzi, avvincenti ed intriganti per scoprire l'esistenza di un uomo ultimo testimone di un'epoca relegata al passato.
Il boia di sua santità. Memorie
"La Provvidenza, chiamiamola così, ha un sorriso sardonico. Mastro Titta, classe 1779, morto a 90 anni, boia da quando ne aveva diciassette, si chiamava in verità Giovanni Battista Bugatti. Giovanni Battista. Come il granitico profeta che fu decollato e impiattato per le vaghe astuzie di una Salomè. Il Bugatti, piuttosto, testa fina, era maestro nel mozzare il capo agli altri. Eccelleva in ogni tortura: decapitava, squartava, accompagnava all'impiccagione, mazzolava. Segava - segugio della legge - dita, orecchie, nasi, a grandine, ai poveracci che non potevano saldare il furto. Come a dire: Giovanni Battista Bugatti era l'Arcangelo Michele dello Stato Pontificio. Se nel quadro di Guido Reni, però, il celeste, dal volumetrico manto rosso, schiaccia col piede Satana e lo minaccia con la spada - attributo plastico dello Yahweh Sebaoth, il 'Dio degli eserciti', la violenza divina -, molto più modestamente Mastro Titta si occupava del male terreno, guercio, della corruzione umana, normale, nota, notevole, sporca. «Un delinquente è un membro guasto della società, la quale andrebbe corrompendosi man mano se non lo sopprimesse. Se abbiamo un piede od una mano piagata e che non si può guarire, per impedire che la cancrena si propaghi per tutto il corpo, non l'amputiamo? Così mi pare s'abbia a fare de' rei»: questa è la sintesi etica denunciata nelle Memorie di un carnefice - Il boia di Sua Santità."
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Collana:
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Anno edizione:2021
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Diego B. 30 giugno 2025La storia di Mastro Titta, incrocio tra il Marchese de Sade e Quentin Tarantino
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