Chi è il protagonista di questo romanzo? Uno psicopatico che trasforma deliberatamente e scelleratamente le vite degli altri, i familiari più stretti e convenzionalmente più amati, o la cerchia sociale e familiare che affronta il suo destino manipolato e manipolatorio con una inettitudine sfrontata, irreale che lascia turbati e privi di quella capacità interpretativa lineare di ricondurre la lettura dei suoi significanti, magistralmente evidenziati da Carrère, ai significati più prossimi e accettabili, trattandosi di una cronaca nera e giudiziaria reale, oltre che sordida?! Chi è Jean Claude Romand? Un narcisista patologico maligno incapace di affrontare i propri fallimenti e di stare in relazione con gli affetti che uccide senza pietà, confidando nel perdono cristiano per il resto della sua vita da detenuto e da mancato (e forse mai voluto) suicida? Oppure (e anche) una vittima del conformismo gretto e provinciale, che non sa arricchire la propria vita sia emotivamente sia culturalmente perché vive pietrificato in un disegno della Provvivenza che ottunde le menti, oltre ad essere ricco di insensata voglia di malsano equilibrio?
L' avversario
«Il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand ha ucciso la moglie, i figli e i genitori, poi ha tentato di suicidarsi, ma invano. L’inchiesta ha rivelato che non era affatto un medico come sosteneva e, cosa ancor più difficile da credere, che non era nient’altro. Da diciott’anni mentiva, e quella menzogna non nascondeva assolutamente nulla. Sul punto di essere scoperto, ha preferito sopprimere le persone di cui non sarebbe riuscito a sopportare lo sguardo. È stato condannato all’ergastolo». «Sono entrato in contatto con lui e ho assistito al processo. Ho cercato di raccontare con precisione, giorno per giorno, quella vita di solitudine, di impostura e di assenza. Di immaginare che cosa passasse per la testa di quell’uomo durante le lunghe ore vuote, senza progetti e senza testimoni, che tutti presumevano trascorresse al lavoro, e che trascorreva invece nel parcheggio di un’autostrada o nei boschi del Giura. Di capire, infine, che cosa, in un’esperienza umana tanto estrema, mi abbia così profondamente turbato - e turbi, credo, ciascuno di noi». Emmanuel Carrère
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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StarT 03 agosto 2025Un'insensata voglia di malsano equilibrio
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Andrea Rio 20 luglio 2025Interessante
Lo consiglio molto, un fatto di cronaca esistito veramente che ti lascia senza parole
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Simone 14 luglio 2025Un libro dalla parte della follia, della depressione e del dolore.
È chiaro come il riferimento di Carrère nello scrivere questo libro sia Capote con il suo “A sangue freddo” (che vi consiglio di leggere): come lui, lo scrittore si improvvisa giornalista per scrivere un libro che racconta un fatto di cronaca nera particolarmente raccapricciante, a partire da uno scambio epistolare con l’assassino mentre è in carcere. Come Capote, anche Carrère conquista la fiducia del colpevole, Jean-Claude Romand, per il quale è evidente che prova una profonda compassione: egli infatti non subisce il fascino del ‘mostro’, non ne è attratto, né compiace il suo bisogno di esser notato da qualcuno. Ma, come detto, è piuttosto spinto da questa compassione, nata dall’aver avvertito che dietro l’orrore del crimine c’è una personalità straziata: Romand non è un killer a sangue freddo, è un pasticcione, un bugiardo matricolato, un imbroglione, ma anche marito innamorato e padre affettuoso. E, per quanto è innegabile che Carrère senta una sorta di affinità con Romand, non è certo l’impulso omicida che li accomuna, ma una fase della vita in cui domina il dolore. L’avversario è quindi dentro Romand, è lui stesso, il suo doppio: la contraddizione tra l’immagine positiva che propone agli altri (che vuole e cerca di proporre) e la coscienza di essere ben altro, ma non altrettanto degno e positivo; é la paura di deludere gli altri, a cominciare da quelli che ama, che lo porta a mentire e dalla menzogna genera l’orrore. Il male è quindi legato strettamente alla paura e al dolore, ed è una situazione più diffusa di quanto il caso Romand, a suo modo "unico", faccia presumere.
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