C'era una volta una donna che cercò di uccidere la figlia della vicina - Ljudmila Petrusevskaja - copertina
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Letteratura: Russia
C'era una volta una donna che cercò di uccidere la figlia della vicina
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Descrizione



Tra crudo realismo e senso del fantastico una raccolta di storie che reinventa la tradizione di Gogol e Poe e racconta la Russia contemporanea come se fosse un atroce, fiabesco scherzo del destino.

«Un’incantevole raccolta di racconti umani e spassionati come Cechov, foschi e divertenti come Beckett, cupi e spiazzanti come Poe». - The Independent

Una città messa in ginocchio da una violenta epidemia; un colonnello visitato in sogno dalla moglie defunta che gli intima di non sollevarle il velo dal viso; una donna pedinata da un tale che sostiene di essere suo marito. Apparizioni, interventi sovrannaturali, incubi e scherzi del destino. Dai Canti degli slavi orientali, le Allegorie, i Requiem e le Fiabe prorompe una galleria di personaggi sulfurei e vibranti. Tratteggiati col piglio inimitabile dell’enfant terrible della letteratura russa.

Dettagli

16 febbraio 2016
188 p., Brossura
9788806210052

Valutazioni e recensioni

  • Pagine_e_inchiostro
    C'era una volta una donna che cercò di uccidere la figlia della vicina

    C'era una volta una donna che cercò di uccidere la figlia della vicina: un titolo bizzarro per un libro altrettanto enigmatico. Questa raccolta di racconti, intrisa di elementi sovrannaturali, allucinati e simbolici, mi ha lasciato alquanto perplessa. La morte è senza dubbio il filo conduttore che lega queste storie: aleggia costante, a volte in forma concreta, altre volte come un'ombra sottile, onnipresente. I racconti si muovono tra sogno e realtà, tra fiaba nera e incubo quotidiano: una città piegata da un'epidemia; un colonnello tormentato dal fantasma della moglie; una donna seguita da un uomo che afferma di essere suo marito. I confini tra reale e immaginario sono talmente labili da risultare indistinguibili. L’atmosfera è sospesa, i luoghi e i tempi quasi sempre indeterminati, solo a tratti si intravedono accenni all’epoca staliniana o al presente. È in questo spazio rarefatto che i personaggi si muovono, si perdono, lottano o semplicemente spariscono, con una conclusione inaspettata, che spesso gioca con un lettore confuso. Lo stile dell’autrice è essenziale, quasi spoglio, privo di fronzoli descrittivi e ammetto che è proprio questo l’aspetto che meno mi ha convinta. I racconti colpiscono per l’effetto straniante e per il finale spiazzante, ricordandomi per certi versi la scrittura fantastica e cupa di Amparo Dávila o Mariana Enriquez.  Allo stesso tempo, alcuni passaggi mi hanno disturbata più del dovuto. Su tutti, la violenza ripetuta nei confronti dei gatti, un elemento ricorrente che non riesco a giustificare, se non forse per retaggio culturale o come omaggio ad Edgar Allan Poe (?). In definitiva, se si può definire horror, è un horror sui generis: più fantastico e metafisico che viscerale. Con la letteratura russa non ho mai avuto un gran feeling e questa raccolta non ha fatto eccezione. Se devo perdermi in storie oniriche e visionarie, preferisco le atmosfere del Sud America: lo stile é più caldo, più umano, meno gelido nel suo straniamento.

Conosci l'autore

Foto di Ljudmila Petrusevskaja

Ljudmila Petrusevskaja

1938, Mosca

Ljudmila Stefanovna Petrusevskaja è una scrittrice russa, nata nel 1938 a Mosca, dove vive. Dopo essere stata a lungo ostracizzata ai tempi dell'Unione Sovietica, con questa raccolta di racconti ha raggiunto una notorietà anche internazionale. Ha scritto una quindicina di libri e vinto numerosi riconoscimenti tra i quali il piú importante premio letterario russo alla carriera.

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