Cartografia politica. Spazi e soggetti del conflitto in Niccolò Machiavelli
La politica machiavelliana viene prevalentemente intesa, almeno a partire dalla metà del XX secolo, come una politica della pluralità, quando non del conflitto.
Il segretario sarebbe in effetti colui che, prima, agli esordi, o ad un punto di svolta del moderno, avrebbe indicato una traiettoria poi risultata laterale, persino marginale, che all’uniformità e alla concordia ha contrapposto la produttività del molteplice e dell’antagonistico. Machiavelli allora, diversamente da Hobbes – ma anche da Bodin, Botero, Rousseau, e persino Hegel – come il pensatore di un corpo politico differenziato e conflittuale, gerarchizzato ma denso di tensioni al livellamento, continuamente punteggiato dall’emergere di parti escluse e domande di integrazione, in un modello in cui antico e moderno, arcaico e contemporaneo, si fondono attraverso l’uso e l’imitazione della lezione classica. Che dunque Machiavelli sia il teorico del conflitto infinito, lo scienziato del punto di vista, l’analista della congiuntura. È quanto si intende mettere in questione. In favore di un segretario interessato a un approdo dell’antagonismo, tattico dell’omogeneità, stratega della totalità e dell’ordine: nuovo.
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Anno edizione:2018
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