Un tema molto attuale, uomini che perseguitano le donne per incapacità a rassegnarsi, per un ammiccamento immaginato, per un risentimento o una frase malintesa. Leggi e sanzioni dovrebbero essere in grado di prevenire quella che può diventare una tragedia e che, comunque, rappresenta una mancanza di libertà e di spensieratezza. Gineisa è una donna vittima di soprusi e con il tempo comincia a covare una vendetta personale, uno spiraglio di giustizia. Una storia amara quanto vera.
Il cimitero della coscienza
Un viaggio allucinante negli inferi di una coscienza divenuta oscura come un languido cimitero che inghiotte paurosamente tutto: nemici e ostacoli, veri e presunti; nel mondo di una donna molestata che vede crollare tutte le sue certezze interiori. Può il male deturpare l'anima umana fino a renderla nera e feroce come quella di un serial killer? Se il cuore umano non trova certezze e soluzioni alle quali aggrapparsi nel centro di un problema che appare inestricabile e terribile, che incide pesantemente nell'esistenza, allora può condurre la persona a mutare e percorrere pericolosamente le vie più spregiudicate: uccidere può essere talvolta l'unica possibile soluzione al problema; ma può anche diventare un'ossessione, una ragione per sopravvivere o riscattare la propria dignità offesa. Di molestia, infatti, si può non solo morire, di molestia si può giungere anche a perdere la ragione: il contatto con il male può essere fatale anche all'anima più candida. In questi casi solo l'amore può diventare l'unica e vera salvezza, un rifugio sicuro contro le brutture della vita.
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Autore:
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Editore:
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Anno edizione:2013
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Viviana Citi 14 maggio 2014
Quante volte negli ultimi tempi abbiamo sentito le cronache raccontare di esistenze femminili trasformate in veri e propri incubi, a volte anche per anni, a causa della persecuzione di maschi non più amati o da subito respinti e incapaci di rassegnarsi a questo semplice dato di fatto? Magari inizia con un ammiccamento sgradito, una finzione di corteggiamento (nella loro testa) e poi l’assenso non dato si trasforma in risentimento, l’allusione diventa rabbia e offesa personale, e lo stalker diventa un pericolo reale contro cui ci sono davvero poche armi di difesa. C’è una legge, certo, e ci dovrebbero essere strumenti di prevenzione e poi sanzioni, ma alla fine siamo molti a non confidare troppo nella loro efficacia (gli stalker non fermati e non puniti per primi). Chissà quante di queste donne-vittime hanno mai sognato, allora, di farsi giustizia da sola, di riequilibrare quella vita che altri stanno facendo deviare a loro piacimento. Gineisa Misaini è una di queste. Dopo anni di soprusi nel proprio ambiente lavorativo decide di passare dall’altra parte del muro, diventando una sorta di solitaria e anonima vendicatrice delle sue umiliazioni e di quelle di altre prima di lei. Ma anche questa non è una soluzione immune da conseguenze e l’iniziale rancore di Gineisa si sbilancia presto nell’ordinaria follia, dove prendono il sopravvento la sete di sangue (e l’inebriante sensazione di onnipotenza che ne deriva). “Il cimitero della coscienza” è la storia amara di un bisogno di rivalsa che purtroppo degenera, portando il terrore in un paese di provincia. Pur ispirato a ad alcuni fatti davvero accaduti, la trama rimane sospesa tra realismo e magia, anche perché Gineisa appartiene a una setta satanica e – quasi come un’eroina oscura – trova in Satana e nelle messe nere la fonte dei suoi superpoteri. Verdiana Clio sembra non credere nel lieto fine, sia nella realtà che nella finzione, e difatti questa è una storia cruda e pessimista, senza vincitori né vinti, senza condannati (per la giustizia degli uomini) e senza personaggi davvero positivi (perché anche il povero commissario Cialinas, che tenta di indagare il male, in fondo è solo un uomo senza mezzi che non riesce a salvare chi gli sta intorno). Ma penso che questa possa essere una possibile chiave di lettura (almeno per me lo è stata): non un romanzo, ma una realtà romanzata su cui riflettere.
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