La migliore foto del tempo vissuto è una sequenza di versi dedicati all’altoforno: «Perché tu sei morto per sempre, come tutte le cose senza vita, ammasso di lamiera abbandonata in un mucchio di rottami spenti. Nessuno più ti conosce. Ma io ti canto. Canto per non dimenticare il tuo profilo, la tua imponente e intrepida eleganza. Il tuo sentore di morte, di abbandono. La tristezza al posto del sorriso». Qui si ritrova una dolcezza amara, perché queste rime dimostrano che può esistere una dolcezza amara. Smette di essere un ossimoro e diventa mescolanza di sentimenti che non si annullano ma vivono insieme nel rispetto l’uno dell’altro. Questa mescolanza, questo cocktail di emozioni rapisce chi legge e lo immerge in uno stato d’animo che oscilla in ogni pagina fra un festival dei ricordi e qualcosa che somiglia alla nostalgia ma non lo è. È una sorta di scavo nelle radici interiori per ridare speranza a un albero che continua a crescere con tiepida fiducia. Stefano Tamburini
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Anno edizione:2024
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