La civetta cieca-Tre gocce di sangue - Sàdeq Hedàyat - copertina
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Letteratura: Iran
La civetta cieca-Tre gocce di sangue
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Descrizione

«Morire è già fatto pauroso in sé, ma la coscienza di essere morti sarebbe assai più terribile.»


La storia narrata in La civetta cieca è, fondamentalmente, una storia d'amore: ma una storia oscura e allucinata, che risveglia immagini da incubo dalle profondità dell'inconscio. Un giovane, un vecchio e una bellissima ragazza mettono in scena un rituale di distruzione che procede a mano a mano che il narratore, e il lettore con lui, scopre il significato che si nasconde nei sogni. Un romanzo di grande originalità, una sorta di taccuino visionario in cui il fascino del mistero si mescola al terrore dell'angoscia più soffocante per dare vita a un vero capolavoro della letteratura persiana contemporanea. Pubblicato in origine nel 1936 a Bombay, La civetta cieca uscì in patria solo nel 1941 a causa dei timori dell'autore, che paventava gli scandali e le sanzioni della censura. Le allucinazioni del romanzo sono state spiegate dai suoi critici come conseguenza dell'intossicazione da oppio, di cui Hedayat fece uso continuo e disperato, almeno fino all'incontro con la cultura indiana. Ma, certamente, leggendo le sue opere, si coglie anche il fascino della discendenza dai grandi scrittori che mille anni fa fecero della Persia la terra dei poeti. Assieme a La civetta cieca anche la raccolta Tre gocce di sangue: i sette racconti più significativi di questo autore, in cui si dispiega maggiormente il connubio tra l'indiscutibile eredità delle tradizioni orientali e gli autori europei.

Dettagli

26 maggio 2022
224 p., Brossura
Tre gocce di sangue;Būf-e-kūr
9788807893780

Conosci l'autore

Foto di Sàdeq Hedàyat

Sàdeq Hedàyat

1903, Teheran

Sadeq Hedayat, nato a Teheran nel 1903, completò i suoi studi a Parigi, dove aveva anche avuto inizio la sua carriera letteraria. Tornò in patria nel 1930, ma non resistette a lungo a fronte del conformismo dei connazionali e alla censura del regime poliziesco di Reza Shah. Si trasferì in India, di cui fatalmente subì il fascino, trovando anche, sotto l’influsso del misticismo indù, la forza di reagire alla sua dipendenza da oppio. Deciso a vivere in patria, tornò a Teheran, con l’intenzione di introdurre e difendere l’arte del suo tempo. In questo periodo tradusse opere di Kafka, Sartre e Schnitzler. Collaborò a numerose riviste letterarie e si occupò della cultura persiana antica da un punto di vista antropologico...

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