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«Perché c'è stato qualcuno, un uomo in carne e ossa, che ha rivelato come una serie di versi che era stato costretto a imparare a memoria gli abbiano permesso di sfuggire alla morte. Non è stato né il primo né l'ultimo, ma la sua testimonianza è diventata la mia bandiera.»
Nell'era dell'effetto Dunning-Kruger, quella distorsione per cui chi meno sa più crede di sapere, è bello scoprire che invece ci sono stati casi – e tanti – in cui sapere, ricordare, rievocare ha fatto letteralmente la differenza tra vivere o morire, tra fortuna e miseria, tra resistenza e disperazione. E non il conoscere pratiche estreme di sopravvivenza, ma il fatto di riportare alla mente il brano di un grande classico imparato a memoria ai tempi della scuola, di sapere come posare le dita su uno strumento musicale, di riuscire a immaginare un dipinto o poter scattare una fotografia, di comprendere, se non interpretare, un'opera teatrale. Il fatto di avere l'opportunità di accedere alla cultura. Sì, alla cultura. Enrico Castelli Gattinara tutti i giorni deve trovare il modo per convincere i suoi ragazzi che conoscere serve. E quando loro sbuffano alla richiesta di imparare qualche verso di Dante a memoria, comincia a raccontare loro la storia di un uomo che grazie a quelle terzine è sopravvissuto al campo di concentramento.
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