Gli anni corrono veloci e del passato, soprattutto quello che non ci ha visto presenti, spesso e volentieri abbiamo solo alcuni cenni, i più importanti, i più significativi. Proprio per questo credo che pochi sapranno che cosa sia stato il futurismo, un movimento d’avanguardia letterario, artistico, culturale e musicale nato in Italia nel primi anni del secolo scorso (il Manifesto Futurista è del 1909), con cui si esaltava la tecnica, con una fiducia illimitata nel progresso, considerando decadute le vecchie ideologie, sbeffeggiate con l’epiteto “passatiste”; inoltre era presente e forte l’esaltazione del dinamismo, dello spirito guerriero, e della guerra, considerata purificatrice. E infatti fra gli accesi sostenitori della Grande Guerra ci furono appunto i futuristi. Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla, Gino Severini, Luigi Russolo furono i firmatari del manifesto e ad essi successivamente si aggiunsero altri, fra i quali Antonio Sant’Elia, architetto, a cui si deve un manifesto futurista dell’architettura e che, nella sua pur breve vita, ideò una miriade di progetti avveniristici. Non è probabilmente un caso se Come sugli alberi le foglie, un romanzo storico che richiama una celebre poesia di Ungaretti, sia stato scritto da Gianni Biondillo, giallista di buon livello, ma anche di professione architetto. All’inizio della lettura ho avuto l’impressione che l’autore avesse come scopo solo il tema del futurismo, ma mi sono dovuto ricredere, perché questa piacevole opera è soprattutto contro la guerra. Consigliatissimo.
Come sugli alberi le foglie
1916: IL SACRIFICIO DI UNA GENERAZIONE L’EPOPEA DELLA GRANDE GUERRA DIVENTA ROMANZO VINCITORE DEL PREMIO BERGAMO Una generazione di ragazzi cresciuta all’inizio del secolo scorso nelle aule dell’Accademia di Brera volle rivoluzionare l’arte. Si chiamavano Boccioni, Erba, Sironi, Carrà, Russolo. Seguivano le idee avanguardiste del più anziano tra loro, Filippo Tommaso Marinetti, l’inventore del futurismo. Con le loro furibonde serate artistiche animarono la città e scandalizzarono i benpensanti milanesi. Erano sinceri interventisti, idealizzavano la guerra come igiene del mondo e partirono senza indugio per il fronte nel Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti. Molti di loro non tornarono. Fra questi c’era un giovane comasco, Antonio Sant’Elia, architetto dal talento luminoso ma sfortunato. Tutto ciò che ci resta di lui sono una manciata di disegni, ma così belli, così geniali da influenzare l’immaginario dell’intero Novecento. Morì da eroe, sul Carso, nel 1916, esattamente cento anni fa. È lui il protagonista di questo romanzo corale dalla scrittura vibrante e appassionata, capace di farci rivivere l’epopea di una nazione. Gianni Biondillo racconta i sogni e le speranze di questi giovani italiani, illusi dalla retorica dannunziana che li portò sul campo di battaglia a cercare la bella morte. Per scoprirla insanguinata e orribile.
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Renzo 11 settembre 2022La dura realtà della guerra
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Annunziata D amico 06 marzo 2017
Come sugli alberi le foglie è a mio parere il miglior romanzo di Gianni Biondillo. In questo libro si ripercorrono gli anni che precedono la prima guerra mondiale, periodo che vede la nascita, grazie a Filippo Tommaso Marinetti, della corrente artistica del Futurismo. Egli coinvolge alcuni studenti dell'Accademia di Brera, tra cui Antonio Sant'Elia, protagonista di questo romanzo, nella partecipazione attiva alla guerra. Biondillo ci offre con umanità e realismo uno spaccato del Novecento, sconvolto dall'orrore del conflitto, nel quale però fioriscono giovani speranze e sogni per il futuro.
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DANIELA PREVIO 04 marzo 2017
Biondillo, a un secolo di distanza, racconta la Grande Guerra scegliendo come protagonisti alcuni energici rappresentanti del Futurismo: hanno nomi famosi, come Carrà, Erba, Boccioni, Sironi. “Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno” proclamava il Manifesto di Marinetti. È così che quei ragazzi si sentono Interventisti e decidono di arruolarsi volontari, per poi finire sul Carso, nelle trincee, dove scoprono la vera faccia della guerra, quella che ci racconta Ungaretti, quella dell’uomo “presente alla sua fragilità”. Brutalmente comprendono che la guerra non è il gesto eroico, ma la paura, l’orrore, la fame, la morte… Questo romanzo è un quadro di civiltà da leggere assolutamente.
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