C’è un momento, leggendo Comunismo a Times Square, in cui ti chiedi se stai leggendo un romanzo o scrollando il feed di qualcuno che ha appena fatto un master in gender studies e vuole fartelo sapere ogni tre righe. Il titolo è una bomba. La promessa è anarchica, ironica, millennial. E poi? Il nulla. Il libro è faticoso. Non per la sua profondità (che latita), ma per l’autocompiacimento. Ogni pagina sembra scritta per dimostrare che l’autrice è intelligente, dissacrante, contemporanea. Ma nel disperato tentativo di mostrare quanto è colta e cool, si dimentica che un romanzo dovrebbe, ogni tanto, anche farti provare qualcosa. Qui, niente. Solo citazioni, pose, e un’ironia che suona spesso come difesa. I personaggi? Agata, Walther, John: sembrano inventati da un algoritmo che ha divorato Barthes, TikTok e qualche trattato femminista. Parlano, tanto e empre con la stessa voce, quella monocorde dell’intellettuale cool che ha letto troppo e vissuto poco. Ogni frase è un tweet. Ogni pensiero, una caption da story. Mi ricorda vagamente una sponge cake con glassa rosa, appariscente, ma che sa di niente.
Comunismo a Times Square
Ogni giorno dalle 23.57 a mezzanotte dagli oltre novantadue schermi di Times Square scompaiono le pubblicità per fare spazio a un’opera di video-arte. Quando il regista newyorkese John Sams, che “di lavoro vero” fa il pubblicitario, vede un estratto del suo documentario sul cervello di Albert Einstein proiettato su quegli schermi riesce finalmente, in quei tre minuti che gli sembrano infiniti, a pensare di poter amare nuovamente una donna dopo il trauma del suo recente divorzio. Un giorno di quasi primavera, su un aereo John s’innamora di Agata, hostess di Emirates, nonché ex attrice, trovatasi costretta a lasciare il teatro perché non poteva più permettersi di essere un’artista emergente. Agata è però in parte ancora innamorata di Walther, drammaturgo narcisista e unico dei tre a potersi permettersi di vivere della propria arte perché mantenuto dalla famiglia. Agata, Walther e John sono il ritratto lirico e tragicomico di una generazione in crisi di fronte al collasso del capitalismo sempre più in bilico tra tempeste finanziarie, emergenza climatica e il sovvertimento del rapporto tra i generi. Ambientato prevalentemente a New York (ma anche in volo tra i continenti o in quel recinto con laghetto dello Zoo di Berlino che celebra la vita e la morte dell’orso Knut) sul finire degli anni dieci, tra incursioni nella cultura pop e nella scena politica cruciale di quegli anni – l’orgasmo di Yoko Ono al MoMa e il suicidio di Alexander McQueen, la musica indie che scalava le classifiche e la vittoria alle presidenziali di Barack Obama, le tende ricoperte di neve di Occupy Wall Street e la nascita del blogging –, dialoghi caustici e una croccante satira sociale; questo romanzo visionario e insieme realista, in bilico tra le atmosfere glam di una serie tv e il portamento del romanzo filosofico, delinea in maniera inedita e sovversiva gli ultimi anni in cui l’Occidente è stato in grado di immaginarsi e inscenare il futuro, prima di essere risucchiato dai social. O forse solo da sé stesso. “Non può esistere un sinonimo della rivoluzione nel momento in cui sta accadendo. È questo a rendercela irresistibile: la violenza estrema della sua solitudine.”
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Margherita 20 luglio 2025Insipido
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Valeria 09 gennaio 2025Non per tutti
Vorrei essere il tipo di persona che comprende appieno questo tipo di libro, Non lo sono, ma lo apprezzo lo stesso! Bellissima copertina
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Tommaso 20 novembre 2024Ci penso spesso
<<La mattina seguente, quando si erano svegliati insieme, Agata aveva fatto aprire gli occhi a John disegnando un imperfetto cerchio immaginario intorno al suo ombelico, come a simulare il movimento del dito sul cerchio dell'iPod o quello di un'orbita di un satellite che si allontana sempre più da un piccolissimo pianeta.>> Ho visto un reel dell’autrice dove spiega la volontà di affrontare con la narrazione una teoria di Marcuse sulla de sublimazione istituzionalizzata. Il romanzo finisce con due protagonisti tra le tende di Occupy Wall Street, una risposta perfetta alla teoria marcusiana. Ho apprezzato molto lo stile realista che si perde in disertazioni su momenti pop degli anni in cui è ambientato. Un romanzo sulla contemporaneità che non ha pura di mettere in scena la contemporaneità.
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