Cose umane
«Uno vive tutta la vita in un modo, e alla fine scopre che era in un altro modo». Quali saranno, al termine del nostro viaggio, le cose degne di essere ricordate? In un agosto che svuota le città e le popola di fantasmi, un figlio tenta di sbrogliare i fili della memoria famigliare, e si trova a riannodare anche quelli della propria vita. Con la sua irresistibile, scanzonata vena malinconica, Antonio Pascale percorre la distanza che ci separa da com'eravamo una volta per misurare chi siamo oggi, raccontando di genitori che invecchiano, di giovinezze sognanti, di amori che iniziano prestissimo, finiscono male o non finiscono mai... Insomma, di cose umane. Strade assolate, deserte, che sembrano svanire all'orizzonte, le saracinesche chiuse, un silenzio granitico - e dire che al mondo siamo otto miliardi, ma a Caserta, ad agosto, sembra non ci sia nessuno. A casa dei genitori di Antonio il sole non entra quasi mai: colpa di sua madre che vorrebbe sempre stare al buio, e nel buio dormire, e dormendo, possibilmente, andarsene all'altro mondo. Antonio va e viene da Roma per starle accanto, ma si sa: viaggiare - anche se lo fai su un Frecciargento, avanti e indietro lungo la stessa tratta - è un ottimo modo per mettere in moto l'ispirazione. Quale occasione migliore, allora, per lavorare su una nuova opera? Non un libro, ma un'installazione - come quelle che faceva con Caterina, l'amore tormentato della giovinezza - per raccontare la rivoluzione che in qualche decennio ha trasformato l'Italia: dal paese di Pinocchio, segnato dalla fame e dalla miseria, a MasterChef, il regno dell'abbondanza. Manco a farlo apposta, nella sua storia c'è tutto quello che serve: un nonno contadino che puzza di letame e uno capomastro che odora di acquaragia, i parenti minatori in Belgio, una prozia mezza strega che sembra uscita da un libro di Ernesto De Martino, un padre che si è emancipato dal lavoro dei campi ed è finito all'Ispettorato agrario, una madre maestra che ha insegnato a scrivere a mezzo quartiere e che oggi della sua vita non ricorda quasi nulla, e allora modifica, arrangia, inventa, peggio di un romanziere. E poi ci sono gli amici emigrati al Nord, quelli che sono rimasti in città e quelli che sono rimasti sotto all'eroina, gli speculatori, gli strunz' e gli sfaccimm', le ragazze camorriste e quelle amate, offese, contese. E infine c'è Susanna, la figlia poco piú che ventenne, che studia l'intelligenza artificiale e (alla faccia della storia famigliare) vuole vivere in campagna. La sua voce ironica - o forse quella di un bot che le somiglia - fa da contrappunto alle idiosincrasie del padre, obbligandolo ad affacciarsi sul futuro che ci aspetta quando anche l'era di MasterChef sarà tramontata. Implacabile e piena di sentimento, la scrittura di Pascale ci consegna una galleria di personaggi teneri, meschini, violenti, vulnerabili, impossibili da dimenticare perché veri.
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